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La posizione della missionaria

Christopher Hitchens. La posizione della missionaria. Teoria e pratica di Madre Teresa (titolo originale: The Missionary Position. Mother Teresa in Theory and Practice. London : Verso 1995). Traduzione di Eva Kampmann. Prefazione di Antonio Pascale. Introduzione di Christopher Hitchens. 1ª ed. it. minimum fax 1997. 2ª ed. it. Roma, minimum fax 2003, pp. 134, € 7.75. ISBN 8875210098
Un libro di forte impatto, un testo scomodo su uno dei personaggi di culto del pantheon cattolico dei nostri giorni.
L’immagine della missionaria ne esce a pezzi: Christopher Hitchens, saggista di successo e giornalista per alcune importanti riviste statunitensi, ha scritto questo agile pamphlet dopo aver curato, sullo stesso argomento, un documentario per Channel Four (che mai vedremo in Italia).
Pagine provocatorie fin dal titolo, che gettano una luce sinistra sulla venerata missionaria, dipinta come una fanatica di scarsa intelligenza. A riprova, racconta l’aneddoto di quando le posero la domanda «cosa avrebbe scelto, fra Galileo e l’Inquisizione?»: la missionaria ebbe modo di scegliere, senza esitazione, la seconda opzione.
Il suo integralismo la portò a comportamenti che denotano una ben scarsa umanità: dalla convinzione che la sofferenza dei poveri sia di grande aiuto per il mondo, al battesimo praticato in punto di morte a inermi induisti e musulmani, agli standard di assoluta inefficienza dei suoi ospedali (anche se poi, per i propri malanni, si faceva curare in costose cliniche occidentali).
Il testo si sofferma anche sulle fortune economiche dell’Ordine religioso creato da madre Teresa, tanto elevate e ben celate da non permetterne, in pratica, una quantificazione sicura.
Sicuro è invece il suo comportamento sfacciato nella causa contro Charles Keating, reo di aver imbrogliato migliaia di risparmiatori USA. Ebbene, madre Teresa non si fece alcuno scrupolo di scrivere al giudice una lettera in sua difesa, solo perché il truffatore le aveva donato più di un milione di dollari, non suoi, ovvio!
Quanto alle opinioni politiche, il libro cita le diverse occasioni in cui la religiosa ha esplicitamente appoggiato dittatori sanguinari come Duvalier o Hoxha.
Un libro “pericoloso” quindi, specialmente se pubblicato in una società aprioristicamente genuflessa come la nostra. Un libro da far sparire, conseguentemente, come ben dimostra la sua vicenda italiana.
Il 3 novembre del 1999 il settimanale Diario della settimana recensì il libro di Hitchens, lamentandone l’improbabilità di una diffusione in Italia.
Poco dopo un lettore scrisse alla rivista informando dell’esistenza (dal 1997) della traduzione italiana del libro, che peraltro risultava introvabile.
Il successivo 1° dicembre, l’editore Minimum Fax inviò a propria volta una lettera, della quale si riporta un passo eloquente:«…in realtà il libro non è esaurito né fuori catalogo […] madre Teresa ebbe il cattivo gusto di passare a miglior vita proprio mentre il libro usciva e così le librerie si riempirono immediatamente di testi agiografici sulla “Santa dei poveri” mentre il papa ne proponeva una beatificazione in tempi record. Il nostro volumetto, scalzato da tanta mole di santità a cui dava un po’ fastidio, venne subito sfrattato per tornare prima del tempo in forma di reso alla casa madre».
Qualora non fosse tuttora reperibile in libreria, il testo è comunque disponibile presso l’editore (minimum fax s.r.l., piazzale di Ponte Milvio 28, 00191 Roma, e-mail info@minimumfax.com).

L’AUTORE

Christopher Hitchens (Portsmouth, Regno Unito, 1949) si è laureato nel 1970 in filosofia, scienze politiche ed economiche al Balliol College, presso l’Università di Oxford. Nel Regno Unito ha prestato la sua firma a varie testate, tra le quali il New Statesman e l’Evening Standard. Dal 1977 al 1979 è stato corrispondente di cronaca estera del London’s Daily Express, poi di nuovo al New Statesman come responsabile esteri dal 1979 al 1981. Ha collaborato poi come commentatore da Washington per Harper’s e corrispondente USA per The Spectator, nonché per il supplemento letterario del Times. A parte l’opera qui recensita, Hitchens ha scritto più di dieci libri tra cui i più recenti sono Dio non è grande (recensito in altra pagina di questa sezione), A Long Short War: The Postponed Liberation of Iraq (2003), Why Orwell Matters (2002), Il processo a Henry Kissinger (2001), Letters to a Young Contrarian (2001). Ha anche insegnato come professore associato all’Università della California a Berkeley, all’Università di Pittsburgh (Pennsylvania) e alla Nuova Scuola di Ricerche Sociali. Attualmente vive e lavora a Washington D.C. (USA) dove scrive mensilmente saggi letterari sull’Atlantic Monthly e cura la rubrica Minority Report per l’edizione in inglese di Vanity Fair, nonché una rubrica giornaliera su Slate. È anche occasionale corrispondente estero per il quotidiano britannico Daily Mirror. Di difficile etichettatura politica, Hitchens si definisce «talora vicino alle posizioni dei neo-con», sebbene rimarchi che la sua formazione politica è fondamentalmente marxista e non sia molto variata rispetto alla sua gioventù. Ateo militante e sostenitore della guerra in Iraq in chiave di contrasto del fondamentalismo islamico, non ha tuttavia mai perso occasione di attaccare il presidente Bush jr. per le sue posizioni confessionaliste.
Sergio D’Afflitto, Roma
Novembre 2005


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L'OBLIO NELLA MEMORIA



IL TEOLOGO SPAGNOLO TAMAYO DENUNCIA LA MEMORIA SELETTIVA DELLA GERARCHIA ECCLESIASTICA SUI MARTIRI DELLA CROCIATA DI FRANCO.
di Juan José Tamayo

Il teologo  è l’autore di questo articolo, apparso  sul sito internet spagnolo   “atrio” (31/10/2007). Titolo originale: “memoria anamnesica”
Una cerimonia come quella della beatificazione del 28 ottobre sarebbe stata inconcepibile quarant’anni fa, perché il clima religioso in Spagna era meno bellicoso e più dialogico di adesso.
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MIRACOLI FINANZIARI ALL'OMBRA DI PADRE PIO

 A cosa si riferisce l'avv. Enrico Tuccillo quando definisce "scempio" quello compiuto a S. Giovanni Rotondo, salutando con favore il "giro di vite" del Vaticano sul santuario di Padre Pio (v. notizia precedente)? Sulla gestione del santuario del santo di Pietrelcina i frati cappuccini sono sempre stati restii ad accettare il controllo del vescovo di Manfredonia. Questo atteggiamento ha sicuramente inciso sulla decisione della Santa Sede di istituire la carica di delegato pontificio per le Opere del Santo di Pietrelcina. Vi sono poi anche alcuni casi di disinvolta gestione economica che avrebbero progressivamente convinto il Vaticano a vigilare direttamente sul business legato a padre Pio.
Qualche anno fa uno scandalo finanziario vide protagonisti i frati di S. Giovanni Rotondo, che affidarono 9 miliardi di lire, mai rientrati, ad un finanziere molisano, Nicola Avorgna, finito poi in carcere nel 1998 per bancarotta fraudolenta. I soldi erano il frutto delle raccolte fatte tra i fedeli per costruire il nuovo santuario.
Vi era poi stato il caso di padre Alfonso Maria Parente, un cappuccino che nel 2000 aveva anche preso parte al festival di San Remo e che poi, in qualità di presidente onorario di una sedicente (e mai riconosciuta dal suo Ordine) associazione "Padre Pio con i bambini", fu coinvolto in una truffa ai danni dei fedeli del santo, ai quali estorceva elemosine, mai arrivate a destinazione, a favore di bambini bisognosi.
Recentemente, la creazione di una "carta di credito" recante l'immagine del santo, e in cui una percentuale delle spese sarebbe servita a finanziare la nuova chiesa, non è piaciuta in Vaticano.
Preoccupazioni della Santa Sede anche per alcune divisioni all'interno dell'Ordine dei Cappuccini: qualche tempo fa è stato allontanato il vice-postulatore della causa di canonizzazione di Padre Pio, padre Gerardo da Flumeri. Molto stimato dalla Curia romana, ha abbandonato il convento e lasciato la direzione della rivista "La voce di Padre Pio".


OPERE E AFFARI IN CIFRE. SCHEDA SU S. GIOVANNI ROTONDO

31860. ROMA-ADISTA. Non è un affare da poco quello di decidere a chi andrà la gestione delle opere di Padre Pio (v. notizie precedenti). Basti pensare che il santuario di Santa Maria delle Grazie è il secondo più visitato al mondo (il primo è Guadalupe, in Messico), con un afflusso stimato intorno ai 9 milioni di pellegrini l'anno. Nel 2002 il flusso è aumentato quasi del 37% rispetto all'anno precedente, ed è destinato a subire nuovi incrementi, dopo che il papa il 16 giugno 2002 ha proclamato santo Padre Pio e ha concesso il privilegio dell'indulgenza plenaria ai pellegrini che si recano a pregare sulla sua tomba di san Pio.
Attorno al santuario ruota un indotto turistico che, per quello che riguarda i 100 alberghi, 84 affittacamere, 12 bed and breakfast (per ricettività totale di 6.500 posti letto) e ristoranti, produce una ricchezza di circa 530 milioni di euro all'anno. Altri alberghi sono in costruzione ed il business è in rapida crescita, visto che nel 2002 la presenza nei luoghi di ospitalità per i pellegrini è aumentata del 15,27%. A tutto ciò va poi aggiunto il reddito prodotto dalla vendita di ogni tipo di gadget con l'immagine del santo: portachiavi, orologi, portafogli, statuette: un fatturato medio per bancarella o negozietto stimato sui 150mila euro l'anno. Senza dimenticare i prodotti (liquori, torte, ecc.) intitolati al santo di Pietrelcina.

Il nuovo santuario
Progettato dall'architetto Renzo Piano è poi dal 1994 in costruzione un nuovo enorme santuario, che sarà pronto presumibilmente entro la fine dell'anno (mancano ormai solo lavori di rifinitura interna), con 10mila posti (6.500 seduti e 3.500 in piedi), in grado di accogliere la massa di persone che la vecchia struttura non era più in grado di ricevere. Il sagrato potrà inoltre accogliere altre 40.000 persone. La spesa per l'opera era stata stimata intorno ai 40-50 miliardi. 17mila euro i soldi finora raccolti attraverso le offerte dei fedeli. All'esterno del nuovo santuario svetterà un campanile costituito da nove colonne, sul quale verranno collocate otto campane, sormontate da una grande croce in pietra di 40 metri che sarà visibile dai caselli autostradali di Canosa e di Candela, oltre che dal mare del golfo di Manfredonia. Proprio la gestione della costruzione del santuario è uno dei punti che hanno destato maggiore preoccupazione in Vaticano. La ditta appaltatrice scelta dai frati è accusata di ritardi e aumento ingiustificato dei costi.

La "Casa sollievo della sofferenza"
Per quanto riguarda l'altra grande "opera" di padre Pio, la "Casa sollievo della sofferenza", si tratta di un ospedale che è riuscito ad effettuare, nel solo 2001, 58.225 ricoveri, di cui 12.970 di pazienti provenienti da altre regioni d'Italia. L'ospedale fornisce inoltre annualmente circa 800mila prestazioni ambulatoriali. Fu inaugurato nel 1956 (all'epoca aveva solo 250 posti letto): oggi è tra le strutture sanitarie di punta del Sud Italia. Ha oltre tremila dipendenti tra medici, infermieri, personale ausiliario e amministrativo. Alla morte di padre Pio l'ospedale fu lasciato alla Santa Sede ed amministrato fino all'8 marzo scorso da mons. Riccardo Ruotolo, vescovo titolare di Castulo e ausiliare dell'arcidiocesi Manfredonia-Vieste, che da anni vive proprio presso la "Casa sollievo della sofferenza". Nel tempo sono state acquisite dall'ospedale anche una serie di proprietà terriere, dove sono sorte aziende che forniscono alla struttura sanitaria, generi alimentari come derivati del latte, olio e carne.

da ADISTA del 17.5.2003
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PRETI SPOSATI: QUALE CHIESA COSTRUIRE?


Sacerdoti sposatiLe dimissioni dalla vita consacrata di preti diocesani, religiosi e suore, in Italia e nel mondo: appello a tenere alto il sestante dell' identità
I sacerdoti sposati rappresentano "nel mondo cattolico la sfida vivente al maschilismo della chiesa ed al suo devastante contagio, avverso all' umanità del Vangelo ed alla riattualizzazione di un Vangelo per l' umanità " (Piero Barbaini).
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Ancora su Padre Pio: Francesco Forgione, la brama di credere

Consensi trasversali Padre Pio di Pietrelcina, ora santo, è stato senza dubbio l'italiano del secolo. Con un insospettato, nutrito seguito anche nel popolo di sinistra
Dubbi individuali Nella complicata storia di stigmate, dossier, denaro a fiumi e miracoli, il confronto tra credenti e scettici è un dialogo tra sordi. Da cui è esclusa una sola cosa: la razionalità



L'italiano più importante del XX secolo è stato senza dubbio Francesco Forgione, detto padre Pio di Pietrelcina (1887-1968). Le sue statue crescono come funghi ovunque in Italia: al Sud, dove non c'è centro abitato che non gli abbia eretto un monumento, ma ormai - e con frequenza crescente - anche al Centro e al Nord. Sempre più spesso incappi nei suoi santini non solo in commissariati, anagrafi, pronti soccorsi, uffici postali, ma anche accanto ai registratori di cassa di bar ed esercizi commerciali. I suoi adesivi aderiscono a computer di sportelli bancari e agenzie di viaggio. San Giovanni Rotondo nel Gargano è il maggior richiamo di tutta la cattolicità, poiché attira un flusso annuo di 5-7 milioni di pellegrini/turisti/ammalati. Voluti da padre Pio negli anni '50, nel 1999 i «Gruppi di preghiera» erano ormai 2.156, di cui 1.786 in Italia e 370 all'estero. Ai riti della sua beatificazione prima e della sua santificazione poi sono accorse masse di 200-500.000 fedeli (nelle cronache della tv pubblica c'è la tendenza a gonfiare le cifre delle manifestazioni vaticane, proprio come facciamo noi di sinistra con i cortei di protesta). Più stupefacente è che Francesco Forgione ha un nutrito seguito nel popolo di sinistra; la sua immagine spunta persino in qualche sede di Rifondazione comunista. In particolare al Sud, ti accorgi che insinuare un dubbio su padre Pio ti aliena platee - che supporresti scettiche, o per lo meno critiche - di lettori del manifesto e di Diario, di rifondaroli, diessini di sinistra, cigiellini. Allora Francesco Forgione diventa un problema serissimo per la sinistra e ti si presenta come un enigma da indagare: perché la sua memoria è più indelebile di quella di Benito Mussolini, il suo successo più strepitoso di Luciano Pavarotti?

Come è potuto succedere che padre Pio sia considerato uno che sta dalla parte degli oppressi? Per esempio Gloria Fazzeri (del gruppo di ricerca Amici di Tolstoi) mi rimprovera di aver scritto («con un tono alquanto malevolo») che la figura di padre Pio è «tutta intrisa di una sua sanguigna astuzia contadina»: «Faccio notare che se i contadini hanno sviluppato una loro ingenua astuzia, è perché quello era l'unico modo per difendersi da una classe padronale forte ed abile nel manovrare a suo favore leggi e carabinieri. Dalla sinistra non ci si aspetterebbe questo tono di disprezzo verso le classi oppresse!».

Eppure il più determinato avversario di Francesco Forgione fu Giovanni XXIII, il «papa dei poveri», mentre padre Pio fu sempre virulento contro socialisti e comunisti e fu amico intimo del locale sindaco e potestà, segretario del fascio, Francesco Morcaldi (detto Cicillio). Fu adulato dalla nobiltà nera: scrive Mario Guarino che si recarono a farsi benedire da lui la principessa Maria José di Savoia, l'infanta del Portogallo Maria Antonia di Borbone, l'imperatrice Zita d'Austria, il duca Eugenio d'Ancona con la consorte Lucia di Borbone, gli arciduchi d'Austria Roberto, Adelaide e Felice, il marchese napoletano Mario Di Giacomo che gli lasciò in eredità molti suoi beni, tra cui un vasto terreno. Ancora più misteriosa è quest'aura di difesa degli oppressi se si pensa che San Giovanni Rotondo è il luogo della più sanguinosa carneficina di militanti di sinistra del XX secolo: qui il 14 ottobre 1920 i carabinieri spararono sulla folla che festeggiava la vittoria socialista alle elezioni comunali: 14 persone furono uccise e più di 100 ferite (a titolo di paragone, la strage di Portella della Ginestra compiuta nel 1947 da Salvatore Giuliano fece 11 morti e 71 feriti). In quelle elezioni comunali padre Pio aveva appoggiato il blocco dei clericali, fascisti ed ex combattenti con la nuova associazione «Arditi di Cristo».

Il problema con padre Pio è che è un dialogo tra sordi. Ogni argomento che per gli uni dimostra la sua santità, per gli altri è prova della sua impostura, e viceversa. Prendiamo le famose stigmate: secondo gli agiografi, il 7 settembre 1910 a padre Pio, mentre stava pregando, apparvero Gesù e la Madonna e gli donarono le stigmate, ma poiché il miracolato voleva vivere la propria santità nel «nascondimento», pregarono insieme e Dio li esaudì: le stigmate scomparvero dal corpo del frate. Poco tempo dopo ritornarono, però in forma «invisibile» all'occhio umano. Le sante piaghe si fecero di nuovo visibili il 20 settembre 1915, e di nuovo il 5 agosto 1918, quando il sindaco di San Giovanni Rotondo le diagnosticò come un «fenomeno criptogenetico» (sic!).

Ora è chiaro che per lo scettico le stigmate erano invisibili perché non c'erano; e divennero visibili solo perché auto-inflitte con acido fenico e mantenute aperte con tintura di iodio (di queste sostanze parlano altre perizie mediche). Per invece chi crede, proprio l'alternarsi di visibilità e invisibilità raddoppia in un certo senso il miracolo delle stigmate. Questa divaricazione si è riproposta con ancor più forza al momento della morte di padre Pio, nel 1968, quando le stigmate «miracolosamente» scomparvero (anche se è non è chiaro perché le mani della salma esposta in pubblico fossero accuratamente inguantate, come a far credere che le stigmate c'erano ancora). Per chi vuole credere non vale nemmeno la parola di un cattolico autorevole come padre Agostino Gemelli (medico, psicologo, fondatore delle Università cattoliche del Sacro Cuore di Milano e Roma). Mandato al convento di Santa Maria delle Grazie nel 1920, Gemelli osservò a lungo padre Pio e concluse che le stigmate erano «un prodotto di origine isterica». Un agiografo (Luigi Peroni) riporta che secondo alcuni Gemelli avrebbe anche tentato «di far ricoverare padre Pio in un ospedale psichiatrico».

Ma per chi invece crede in Francesco Forgione, Gemelli esprime la voce della Curia vaticana che ha sempre cercato di discreditare la «religiosità dal basso» di padre Pio.

Quella dei conflitti tra Forgione e Vaticano è una storia tutta italiana, a base di ricatti e dossier, recitata in apparenza attorno al tema della santità ma centrata sul controllo, molto più materiale, del fiume di denaro che i fedeli e i pellegrini riversavano su San Giovanni Rotondo. Nessuno ci fa una bella figura in queste storie di ricatti e controricatti, di pamphlet scritti per poter essere bruciati in cambio di benefici. Né il Vaticano: se accettava i ricatti, era ricattabile; né Forgione che voleva che fossero lasciate cadere le accuse contro di lui, accuse di fondi che sparivano (per questioni di soldi nel 1922 vi furono persino conflitti a fuoco tra cappuccini all'interno del convento), di voti di povertà e di clausura infranti, di «figlie spirituali» che dormivano in convento.

D'altronde, anche sul tema delle «figlie spirituali», il dibattito è tra sordi. L'unico fatto certo è che Francesco Forgione ha esercitato sempre un fortissimo fascino sulle fedeli che sono state tra le maggiori donatrici, dalla torinese figlia spirituale Maria Basilio che nel 1934 comprò il terreno su cui sarebbe sorta la Casa Sollievo della Sofferenza, fino alla miliardaria americana Maria Pyle che finanziò la costruzione di due chiese. Persino i suoi agiografi riconoscono che «... alcune delle sue figlie spirituali, nella loro esaltazione mentale, ritengono che il padre accordi ad altre una maggiore predilezione e, infiammate dalla gelosia, giungono a inventare trame calunniose per screditare le antagoniste. Mediante lettere anonime denunciano al padre guardiano le loro nemiche, assicurando che esse vengono ammesse in convento durante le ore notturne da padre Pio».

Ed è per far cadere queste e simili accuse che dossier anti-vaticani furono messi su a firma di John Willoughbly, pseudonimo di Emmanuele Brunatto, alias Emanuele De Felice, avventuriero torinese, condannato per truffa e il più fedele uomo di mano di padre Pio. Fu lui che nel 1941 da Parigi inviò a San Giovanni Rotondo un bonifico per l'incredibile cifra di 3,5 milioni di franchi (equivalenti a circa 300 milioni di euro attuali) della Banque Italo-Française de Crédit: non si è mai saputa l'origine di una somma così spropositata versata in tempo di guerra (durante il regime di Vichy in Francia e l'occupazione nazista di Parigi).

Sempre intorno al denaro hanno ruotato nel secondo dopoguerra le polemiche su padre Pio, dallo scandalo del 1957, del «banchiere di Dio», l'emiliano Giovanbattista Giuffrè, a quello, nel 1994, di Gerardo Saldutto, il «cappuccino-banchiere». Negli anni `50 Giuffrè aveva messo su una «piramide di sant'Antonio» (in questo caso «di san Francesco») con cui assicurava interessi anche del 70% l'anno e in cui rimasero coinvolti 8 ordini religiosi e personalmente 62 vescovi (e naturalmente vari cappuccini del convento di San Giovanni Rotondo). Mentre negli anni `80 padre Saldutto, economo provinciale dell'ordine dei francescani del foggiano, amministrava le finanze di 24 conventi, tra cui il più ricco di tutti, quello di santa Maria delle Grazie. Con un altra piramide di sant'Antonio, l'ammanco fu di 8 miliardi di lire.

Sicuro è che la santità, vera o supposta, di Francesco Forgione ha generato un imponente giro di affari. Alle soglie del 2000, con i suoi 7 dipartimenti clinici, 500 medici a tempo pieno e 2.000 dipendenti, la Casa Solllievo della Sofferenza poteva ospitare fino a 1.200 pazienti, con una media annua di 60.000 ricoveri (proprietà del Vaticano, questa fondazione è equiparata a un servizio pubblico e riceve sovvenzioni pubbliche per decine di milioni di euro l'anno). C'è poi il Centro di accoglienza con 200 posti letto, con salone per convegni e cappella, oltre a una residenza per anziani (240 posti letto). Il flusso di 5-7 milioni di pellegrini l'anno ha trasformato san Giovanni Rotondo nella «Las Vegas del Gargano», con un'immensa chiesa progettata da Renzo Piano.

Il denaro ha cominciato a scorrere impetuoso già negli anni `20 quando Emmanuele Brunatto conservava le pezzette insanguinate di padre Pio per rivenderle ai fedeli a prezzi da capogiro (ognuna 50.000 lire di allora, 70.000 euro), e si è alimentato fino a oggi con le più fantasiose iniziative promozionali: per realizzare la chiesa di Renzo Piano (con il supporto logistico della Banca di Roma), il fedele poteva contribuire con una «pietra» (25 euro), una «canna d'organo» (50 euro), un «banco» (1.000 euro), un «pannello della Via Crucis» (2.500 euro), una «porta del tempio» (40.000 euro).

Ora il problema - e la debolezza della posizione laica - sta proprio qui, che i miliardi sono reali e che milioni di pellegrini si recano nel Gargano. Potrà essere anche vero, come sostiene lo psichiatra Luigi Cancrini, riflettendo l'opinione pubblica laica, che la sindrome da cui era afflitto Francesco Forgione è chiaramente delineata nei manuali di diagnostica ed è un «disturbo istrionico della personalità». Ma non aiuta a spiegare perché questa «disturbata personalità istrionica» si sia aperta una varco in tanti milioni di anime. E più si guarda alla sua vita, meno questo varco è chiaro: non ha fondato un ordine, non è stato esempio di povertà, non è esemplare come un San Francesco, non è un martire come San Sebastiano. I suoi grandi titoli di merito, come riferiti dagli agiografi, furono le sue indefesse battaglie notturne con Satana. Scriveva padre Pio: «... da verso le 10 che mi misi al letto fino alle 5 della mattina (Satana, ndr) non fece altro che picchiarmi continuamente: credevo che quella fosse l'ultima notte della mia esistenza... Questi cosacci (i demoni, ndr) non cessano di percuotermi, di perseguitarmi e sbalzarmi alle volte dal letto...». Ma perché le lotte col demonio (che spesso si presentava in forme oscene) sono un titolo di santità? Per quale motivo essere perseguitati da visioni notturne di peccati renderebbe santi? L'altro titolo di santità, naturalmente, è l'attività taumaturgica. Ma qui il cerchio si chiude: padre Pio è santo perché compie miracoli e compie miracoli perché è santo: è un pacchetto completo - santo miracoloso, miracolo santo - da prendere o lasciare. In questo senso si può dire che la «santità» di padre Pio sia stata creata dal popolo e dai fedeli, almeno quanto l'ha creata lui con le trances durante le messe, le stigmate, le confessioni al limite del sado-maso da cui le fedeli uscivano piangenti e insultate. Sono i fedeli che fin dal 1918 hanno cominciato ad affluire nel Gargano per farsi toccare e guarire da lui; sono i fedeli che fin dal 1922 hanno scatenato la prima sommossa popolare per impedire il trasferimento di padre Pio. Se il Vaticano non è mai riuscito a prendere provvedimenti contro Francesco Forgione è perché sempre si è scontrato contro le rivolte locali.

Insomma, facendo risorgere il vecchio criterio di santità (vox populi, vox dei) padre Pio è stato santificato innanzitutto dalla brama di credere del popolo italiano. Francesco Forgione è la più grande smentita alla tesi di Max Weber per cui il XX sarebbe stato il secolo del «disincantarsi del mondo». Smentita dovuta a una ragione individuata dallo stesso Weber: mano mano che l'osservazione empirica, scientifica del mondo, rifiuta «ogni visione che s'interroghi sul `senso' degli avvenimenti intramondani (...), la religione si è trovata respinta sempre di più dal regno del razionale in quello dell'irrazionale, fino a diventare semplicemente la forza sovrapersonale irrazionale o antirazionale per eccellenza». Nel medioevo la religione integrava in sé il razionalismo tomista; oggi, di fronte al razionalismo laico, la religione si trova sempre più respinta sul terreno dell'irrazionale puro. Si spiega così uno dei misteri più inspiegabili dei nostri giorni, che ne Lo sciamano in elicottero (Feltrinelli) ho chiamato «il problema della credulità alla fine del XX secolo» riferendomi al titolo di un classico della storiografia, Il problema dell'incredulità nel XVI secolo di Lucien Fèvre, e cioè: come mai nell'epoca più dominata dalla scienza e dalla tecnologia, cioè da una visione razionalistica del mondo, divampano le credenze nelle sette, nel New Age, nelle religioni orientali? Chi avrebbe detto che i testimoni di Geova hanno oggi più fedeli di quanti militanti abbia il movimento operaio mondiale?

In questo senso Francesco Forgione rappresenta solo la versione italiana dello stesso fenomeno che in Nordamerica è espresso da sette come gli avventisti e che nel Terzo mondo dilaga con i cargo cults. Ma, per la stessa ragione, padre Pio indica la specificità della modernità italiana, la sua irriducibilità al modello europeo. Nella sua figura Ernesto de Martino troverebbe di sicuro tracce di culti pagani precristiani. L'interessante è che oggi quei culti siano condivisi da disinibite signore della Padania, che rifiutano il precetto ecclesiastico della castità prematrimoniale ma poi con grandi disagi accorrono alla santificazione di padre Pio. È questo impasto di moderno e di preistorico, di finanza sofisticata e irruenza rurale, a colpire in padre Pio. Ma certo è, cara Gloria Fazzeri, che la fede nei miracoli non ha mai liberato nessun oppresso e che anzi i miracoli sono sempre stati usati per imbrigliare e sedare le rivolte. Fino al 1789 il popolino si recava a Versailles per toccare il sovrano, poiché era diffusa la fede che i re fossero taumaturghi (come racconta il grande storico Marc Bloch in quel capolavoro che è I re taumaturghi, Einaudi). Per sradicare la fede nei miracoli - sovrani o non - ci volle la presa della Bastiglia, in nome sì di Liberté, Egalité, Fraternité, ma - a monte - di Rationalité.
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La santità di padre Pio: ANALISI CRITICA DI UN MITO

In occasione della canonizzazione di padre Pio il prossimo 16 giugno, pubblichiamo una sintesi del libro di Pier Angelo Gramaglia, Padre Pio da Pietrelcina. Analisi di un mito, Torino 1997 (stampato in proprio), al quale rimandiamo per un puntuale approfondimento.
Francesco Forgione, nato nel 1887, manifestò già da bambino strani processi dissociativi con incubi e allucinazioni; le paure infantili si condensavano nelle immagini elaborate dalla fantasia e venivano proiettate in forme allucinatorie, identificate e percepite come realtà esterne. Rimase imprigionato in uno stadio psichico incapace di elaborare le tecniche, con cui invece gli altri bambini normalmente imparano a distinguere il mondo esterno dal sistema fantasmatico del loro io interiore in formazione.
Le visioni.
I quattro volumi dell’epistolario, pubblicati tra il 1973 e il 1984, possono considerarsi un significativo strumento di indagine in questa direzione. Si prendano ad esempio le lettere inviate ai suoi due direttori spirituali, padre Benedetto da San Marco in Lamis e padre Agostino da San Marco in Lamis, risalenti all’epoca in cui alla richiesta di fare ritorno alla vita conventuale si manifestarono in lui attacchi di vomito, quasi si trattasse di un sistema inconscio di difesa volto a ritardare il rientro al convento. Ordinerà più tardi ai suoi direttori spirituali di bruciare tutte le sue lettere: ma uno di loro non lo farà. In una di queste lettere, quella del 10 ottobre 1915, si sostiene che Gesù avrebbe cominciato a favorirlo delle sue celesti visioni non molto dopo il noviziato, cioè negli anni seguenti il 1903-1904. Molto più tardi, contraddicendosi, scrisse invece che già nel 1902 Dio l’aveva personalmente avvicinato concedendogli visioni.
Nel frattempo era venuto a conoscenza di un manuale di spiritualità, che si era accorto mancare nella biblioteca dei suoi direttori spirituali, vale a dire i due volumi del Direttorio Ascetico, nel quale si insegna il modo di condurre le anime per vie ordinarie della grazia alla perfezione cristiana di G. B. Scaramelli e i due volumi del Direttorio Mistico, nel quale si insegna il modo di condurre le anime per la via della contemplazione dello stesso Scaramelli. Una collazione filologica priva di pregiudizi attesta con chiarezza sia che interi brani di lettere scritte da Padre Pio alle sue devote altro non sono che citazioni riprese dalle lettere che i suoi due padri spirituali nel frattempo avevano inviato a lui, sia che nelle medesime lettere si trovano descrizioni di visioni ed estasi molto simili a quelle presenti nei volumi dello Scaramelli. Perché la commissione papale incaricata di studiare la causa di beatificazione di Padre Pio ha ritenuto opportuno non sottolineare tali coincidenze?
Dovendo pubblicare la lettera del 28 luglio 1914 a Raffaelina Cerase, il comitato editoriale, trovatosi di fronte a numerose citazioni patristiche, che si prolungavano per oltre cinque pagine, si premurò di ritrovare le opere dalle quali erano stati desunti testi di san Bernardo, san Girolamo, san Gregorio, sant’Agostino, san Colombano; ma non si accorse (o non mostrò di accorgersi) che l’ipotesi di un’ampia citazione di alcune pagine delDirettorio Ascetico dello Scaramelli sarebbe probabilmente risultata assai più sensata.
La struttura psichica di padre Pio emerge con evidenza nel 1904-1905, mentre egli si trova a S. Elia a Pianisi, ormai più che diciassettenne. I temi svolti in questo periodo sono segnati da gravi forme di regressione infantile, che si manifestano nella scrittura con fenomeni analoghi alla dislessia evolutiva dei bambini, ma aggravati da continui stati psichici di dissociazione, e nella vita quotidiana durante gli studi ginnasiali con continue forme allucinatorie, accompagnate da fenomeni di autentico Poltergeist, che perlomeno “scaricavano” all’esterno le tensioni psichiche del giovane fra’ Pio. Nelle esperienze di quegli anni assumono forme paradossali le ossessioni demoniache, i deliri e le allucinazioni, accompagnate da fenomeni di telepatia e da psicosomatismi, quando padre Pio si trova in profondo stato alterato di coscienza.
La fisiologia carismatica.
Se non fosse stata scoperta la cartella clinica del soldato Francesco Forgione nell’Ospedale Militare di Napoli, che segnala i risultati delle visite mediche del 1916, noi non sapremmo che egli era affetto da una gravissima forma di ipertermia, cioè da uno squilibrio organico neurovegetativo, che provoca aumenti improvvisi e violentissimi della temperatura del corpo oltre i limiti statistici abituali. Durante le fasi più critiche nei termometri normali si spaccava la colonnina di mercurio, tanto la temperatura raggiungeva gradazioni elevate; quando più tardi si fece uso di un termometro da bagno, la temperatura segnò anche 48 gradi; in condizioni febbricitanti più acute si raggiunsero anche i 48,5 gradi. Naturalmente tali stati febbrili nelle forme abituali andavano poco oltre i 41 gradi, ma provocavano forti agitazioni e deliri allucinatori; le fasi più critiche duravano uno o due giorni con violenta sete e diffusa sudorazione. Le crisi di ipertermia furono costanti, sia pure con variazioni di intensità, durante l’intera vita di padre Pio; potevano “scaricarsi” anche senza febbri elevatissime e in forme passeggere durante le giornate.
Tale patologia venne sempre – e forse sistematicamente – elusa nell’interpretazione di padre Pio, che tra l’altro non mostrò di conoscerne né la fenomenologia né la diagnosi, e da lui e dai suoi direttori spirituali fu sempre descritta come ricorrente presenza mistica e soprannaturale della fiamma bruciante dell’amore di Dio, infusa per divina presenza di Cristo nel suo cuore di eletto. Nella psicologia del nostro frate tale fatto assumeva infatti un’importanza eccezionale, poiché egli interpretava il fenomeno come un segno di inusuali esperienze mistiche. Parlava infatti nelle sue lettere di fiamme divine al cuore e di sete soprannaturale che lo divorava.
In realtà l’ipertermia ha per lo più cause neuropatologiche e può accompagnare le reazioni emotive di individui che subiscono facilmente stati di dissociazione, perdendo nel delirio febbricitante conseguente il senso del limite tra fantasia allucinata e realtà. L’ipertermia provocava anche deliri, grida e crisi isteriche, sempre acriticamente intese quali esperienze soprannaturali e di eventi carismatici. Non potrebbe tutto ciò spiegare alcuni discutibili stati di alterazione mostrati dal santo frate in confessionale, e da lui motivati quali reazioni nei confronti di presunti penitenti insinceri? Dei veri e propri insulti di padre Pio ad alcuni penitenti durante il sacramento della confessione erano del tutto noti e visibili agli altri penitenti presenti in chiesa e violavano chiaramente il segreto confessionale. Perché, sarebbe lecito domandarsi, atti che potrebbero addirittura venire considerati esempi di denigrazione pubblica sono divenuti indiscutibile testimonianza di santità?
Le stimmate.
L’epistolario rivela che le stimmate di padre Pio non furono né simulate, né frutto di autolesionismo, ma rivela anche che il loro processo evolutivo non fu né improvviso, né carismatico o soprannaturale che dir si voglia. I meccanismi psichici, che traducevano gli stati emotivi più intensi o in allucinazioni fantasmatiche o in reazioni  psicosomatiche a livello fisiologico, iniziarono infatti nel 1910 a trovare una via di sbocco e di sfogo, che si protrasse fino al 1918; le stimmate impiegarono dunque ben otto anni a formarsi. La quotidiana meditazione sui dolori di Gesù durante la passione, invece di continuare a manifestarsi sotto forma di allucinazioni di un Crocifisso grondante sangue, iniziò a farsi sentire nel 1910, sotto l’olmo di Piana Romana, per via fisiologica. Padre Pio avverte dapprima strani dolori alle mani e ai piedi. Nel settembre 1911 in mezzo al palmo delle mani è già apparso un po’ di rosso, quasi quanto la forma di una monetina, accompagnato da un forte e acuto dolore proveniente dal centro della macchia rossa: il dolore è più sensibile in mezzo alla mano sinistra ma è avvertito anche sotto i piedi. Sintomatico è il fatto che il fenomeno si accompagni con una forte crisi di ipertermia e sia la reazione violenta, sia pure subconscia, alla lettera con cui il ministro provinciale, padre Benedetto, gli prospettava senza mezzi termini il suo ritorno in convento, per il quale sembrava provare una sorta di angoscia.
Ma non è il caso di seguire il lungo decorso di tale fenomenologia, la quale è ben ricostruibile dalle lettere, e neppure gli eventi che lo coinvolgono nei mesi di agosto e di settembre del 1918.
Nel 1967 scriverà che dal Crocifisso sarebbero partiti fasci di luce con frecce e fiamme, che sarebbero venute a ferirgli le mani e i piedi: passo che, ancora una volta, ricorda troppo da vicino le scene di stimmatizzazione delle estasi di Francesco d’Assisi e di Caterina da Siena nei racconti di G. B. Scaramelli. Diverse sembrerebbero infatti la fenomenologia e le allucinazioni che accompagnarono la crisi del venerdì 20 settembre 1918. Ma padre Pio di fronte ai medici inviati dalle autorità ecclesiastiche per esaminare le sue stimmate (il prof. Amico Bignami e il prof. Luigi Romanelli) dichiarerà di non aver mai sofferto di malattie nervose, di non aver mai avuto deliqui, né convulsioni, né tremori, di aver il sonno buono e di non sognare. E nemmeno fece cenno al processo di formazione delle stimmate, che per ben otto anni si era evoluto prima del 20 settembre 1918. Solo nel 1967, messo di fronte al testo di alcune sue lettere, trovate da poco e pubblicate da «Il Tempo», dopo aver sempre negato la presenza di cosiddette stimmate invisibili a Pietrelcina, fu costretto ad ammettere che da anni, prima del 1918, aveva visioni e dolori acutissimi alle mani ed al costato con macchie rosse nelle palme delle mani.
Un modello di esperienza religiosa.
È noto che padre Pio fosse uomo di preghiera; molto ossequiente nei confronti della gerarchia ecclesiastica, soprattutto nelle direttive politiche vaticane contro il centrosinistra, e che firmò una dichiarazione per sostenere laHumanae vitae; ma non tutti sanno che egli praticava spesso attività oracolare medianica e comunicava, a nome di Gesù Cristo, alla sua clientela sentenze perentorie sulla situazione delle anime dei defunti nell’aldilà o responsi sul futuro dei suoi devoti, secondo gli schemi del più classico spiritismo, seppur mediato da visioni cattoliche.
In base a quanto si è fin qui detto, ci si può porre dei seri quesiti critici su di un modello di esperienza religiosa che sta prevalendo nell’epoca contemporanea, e non solo nel mondo cattolico, di cui padre Pio è indiscutibilmente emblema. Pare infatti che per l’uomo religioso dell’inizio del Terzo Millennio il Divino debba essere visibile nelle più svariate allucinazioni estatiche, udibile in loquacissime locuzioni interiori, “nasabile” nei più sublimi profumi celesti (nonché distinguibile dagli olezzi sulfurei del suo antagonista), gustabile in tutte le fontane miracolose e, finalmente, tastabile dalle più segrete transverberazioni interiori fino all’orticaria epidermica mariana.

da "il foglio" 292 - diretto da Enrico Peyretti - maggio 2002
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CALO DEI PRETI IN EUROPA: IL PAPA È PREOCCUPATO, LA STAMPA È SILENZIOSA


Ordinazioni sacerdotali12 febbraio 2011 - Il calo delle vocazioni al sacerdozio è una sfida per la Chiesa secondo Benedetto XVI.
Netto calo dei preti in Europa e America del Nord, una contrazione molto marcata che è stata descritta come una sfida per la Chiesa dallo stesso Papa. Mentre il sacerdozio attrae più persone nei Continenti in via di Sviluppo, nell’Occidente la contrazione delle vocazioni è molto forte, e si accompagna ad un calo dei fedeli negli stessi Paesi. Il diverso andamento tra Paesi storicamente ad alta intensità cattolica e i nuovi è molto netto, tanto che la differenza tra la crescita globale ed il calo in Europa si trova intorno ai 10 punti percentuali. Una riduzione che ha trovato più eco nella stampa straniera che in quella di casa nostra. Perfino l’agenzia di notizie cattoliche dell’Austria ha titolato il suo pezzo sul netto arretramento dei sacerdoti in Europa, mentre in Italia l’enfasi era concentrata solo sulla crescita globale. Oggi perfino Fides, organo di informazione del Vaticano, ha titolato sull’esortazione del Papa che auspica maggiori vocazioni.

MOLTI MENO PRETI IN EUROPA - I preti sono diminuiti in America del Nord (circa 7% per il clero diocesano e 21% per il clero religioso), l’Europa (col 9%) e l’Oceania (col 4,6%); sono invece aumentati i sacerdoti africani (38,5%), quelli dell’Asia (30,5%) e quelli diocesani dell’America Centrale eMeridionale. Tranne che nell’Africa e nell’Asia il clero religioso e’ ovunque diminuito. La distribuzione del clero del 2009 tra i continenti e’ caratterizzata da una forte prevalenza di sacerdoti europei (46,5%) che sono circa il 56% in piu’ di quelli americani; il clero asiatico incide per il 13,5%, quello africano per l’ 8,9% e quello dell’Oceania per l’ 1,2%. Tra il 1999 e il 2009 e’ cresciuto il peso sia del clero africano (da 6,6 a 8,9), sia quello asiatico (da 10,6 a 13,5) che quello dei sacerdoti americani (da 29,7 a 29,9); la crescita e’ andata a scapito del peso del clero europeo che e’ sceso dal 52,0% al 46,5%.
FEDELI DIMINUISCONO IN OCCIDENTE – Il numero dei fedeli cattolici e’ cresciuto, in percentuale rispetto al totale, in Africa, in Asia e nell’America Meridionale mentre e’ diminuito il peso del Nord America e dell’Europa. ”Se esistesse un perfetto equilibrio tra presenza e richiesta di attivita’ pastorale, le percentuali di composizione dei sacerdoti dovrebbero coincidere per ogni area con quella dei cattolici – nota l’Osservatore -. Viceversa, dal confronto tra le due percentuali di composizione dei sacerdoti e dei cattolici, risulta che nel 1999 esistevano dei larghi divari: le percentuali dei sacerdoti superavano quelle dei cattolici nel Nord America, in Europa, nel Medio Oriente e in Oceania; le piu’ evidenti carenze di sacerdoti erano localizzate in Africa e nell’America Meridionale e Centro Continentale. Nel 2009 la sovrabbondanza relativa di sacerdoti rispetto ai cattolici si e’ manifestata in Europa, nel Nord America e in Asia. Dove invece sussisteva nel 1999 carenza relativa di sacerdoti rispetto ai cattolici, e cioe’ nell’America centrale e meridionale, si registra una diminuzione del divario (15,2% di sacerdoti contro 42,4% di cattolici nel 1999; 17,3% contro 42,2 % nel 2009)”.
PAPA LANCIA LA SFIDA – Benedetto XVI ha rimarcato oggi come la mancanza di preti sia una sfida per la Chiesa cattolica. Secondo il Papa solo con un forte rinnovamento della stessa Chiesa e del sacerdozio questa sfida potrà essere vinta. Nell’incontro con la Fraternità di San Carlo Borromeo il Papa ha anche rimarcato come ” tutta la Chiesa anche il sacerdozio ha bisogno di rinnovarsi continuamente, ritrovando nella vita di Gesu’ le forme piu’ essenziali del proprio essere”. “Le diverse possibili strade di questo rinnovamento non possono dimenticare”, ha spiegato il Pontefice, “alcuni elementi irrinunciabili. Innanzitutto un’educazione profonda alla meditazione e alla preghiera”. “In secondo luogo, uno studio della teologia”, ha aggiunto.

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