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LE TRADIZIONI NATALIZIE E IL CULTO ARBOREO


Sabba di stregheScritto da Andrea Romanazzi -
Introduzione.La religione Cristiana presenta spesso , con nuove vesti, antichi retaggi culturali, rituali pagani assorbiti dalla nuova religione che però si ripresentano con forza tra le pieghe del manto tessuto proprio per nasconderle e coprirle. E’ così che il vento della riminiscenza fa gonfiare questi veli facendo assumere le forme di una antica figura pagana, la donna-sacerdotessa del culto arboreo, le cui sembianze oggi sono quelle di una strana vecchina, molto simile alle streghe perseguitate dalla stessa SANTA Inquisizione Cristiana. Essa ha avuto tanti nomi nel passato ma oggi potremmo chiamarla facilmente “befana”. Sara’ per conoscere le reali origini di questa tipica figura natalizia che dovremo addentrarci tra le lande desolate dei miti celtici fino ad arrivare agli antichi culti arborei e naturali. La figura della donna maga, poi trasformata in “vecia” per renderla piu’ spaventosa e reietta dalla nuova religione,
 proviene dalla figura della vergine sacra tipica di diversi culti di divinita’ maschili e arboree come Bacco e Dioniso e sara’ proprio dalle sacerdotesse di quest’ultimo che prenderà corpo l’ immagine della strega medievale. Con l’avvento del Cristianesimo tutti i rituali pagani che gia’ avevano perso i profondi significati dell’ antica religione iniziarono ad esser demonizzati, gli antichi luoghi sacri divennero posti di incontro con il diavolo che , proprio in quel periodo, iniziava ad esser rappresentato con un aspetto del tutto simile a quello di divinita’ arboree tipo Pan , meta’ uomo e meta’ capro.
Le numerose rappresentazioni iconografiche di cerchi di donne danzanti attorno al “caprone”, tipiche del periodo medievale ed inquisitorio, portano subito alla mente gli antichi rituali arborei o successivamente Orfico-dionisiaci. Del resto lo stesso Sabbah , la “festa” delle streghe sembrerebbe etimologicamente provenire proprio da uno degli antichi nomi di Dionisio, o altressì Sabazio, con il quale era conosciuto il Tracia.
Come nell’ antica religione legata alla fertilità e alla procreazione, anche in questi rituali successivi elemento fondamentale e’ il simbolo fallico, il “priapos” o se vogliamo, l’ albero della vita. Ed ecco che il Sabba si tiene attorno al mistico noce, l’ albero dalla grande chioma , non scelto a caso ma a per i suoi frutti che tanto ricordano i pomi degli antichi miti nordici. Uno dei piu’ famosi alberi di noce legati alle streghe e’ quello di Benevento, i cui primi rituali risalgono al VII sec. quando si narra che i Longobardi praticassero un rito propriziatorio appendendo al noce delle palle di caprone e per poi colpirle con delle frecce e ridurle in piccoli brandelli che poi venivano mangiati. Nel XII sec. iniziarono a spargersi le voci di rituali stregoneschi attorno all’albero tanto che il vescovo locale lo fece abbattere e costrui’ la chiesa di Santa Maria in Voto , ma tantissime sarebbero le leggende simili in tutta narrate Italia.
Questi rituali arborei richiamano molto l’usanza del’ magico albero di natale , l’abete sotto il quale si depositano in ogni casa i doni per i bimbi buoni.
La tradizione dell’albero di Natale e’ un’usanza che affonda le sue radici nella notte dei tempi e che risale ad antichi riti pagani legati al solstizio d’inverno.
Oggi l’albero si presenta adorno di luci e illuminazioni, decorazioni, fili colorati e nastri che ricordano i capelli delle fate o le illuminazioni che riportano alle tradizioni dei falo’ e del “ceppo” di Natale. Da tempo immemorabile , infatti, i contadini di tutta Europa usavano accendere falo’, i cosi detti fuochi di gioia , non e’ neanche raro che in questi fuochi si ardessero fantocci o si fingesse ardere una persona viva. Le date per l’accenzione sono molte e coincidono spesso con le feste dell’anno celtico, in particolare nel solstizio d’inverno era usanza accender falo’ perche’ l’uomo primitivo in corrispondenza di quei giorni in cui il calore del sole e la sua luce iniziava a diminuire, quasi come per magia “simpatica” ,accendeva fuochi in terra quasi per riportare il calore e la luce tra gli uomini.La prima cosa da notare e’ la notevole somiglianza tra i vari rituali che prevedono l’accenzione di questi fuochi. Le spiegazioni che gli antropologi hanno dato sono essenzialmente due: tali riti si basassero su una magia imitativa del ciclo solare, o dall’altra che avessero una funzione purificatrice.
Il “ciocco” di Natale, di solito di olivo , betulla o molto piu’ frequentemente di quercia , era spesso associato alla divinita’ del tuono e da qui la convinzione che proteggesse la casa dai fulmini . Molti ancora erano i suoi “poteri”, per esempio, le sue ceneri erano disperse nelle campagne per renderle piu’ fertili , o ancora sarebbero nati un numero di capretti pari a quello delle scintille che fossero saltate fuori dal fuoco. L’albero e’ anche un simbolo cosmico oltre che solare , rappresenterebbe un trait d union tra la terra , simboleggiata dalle sue radici , e il cielo, rappresentato dai rami, cosi’ l’abete natalizio altro non sarebbe che una imitazione del Frassino Universale , il Yggdrasil delle tradizioni nordiche , l’albero al quale rimase appeso Odino per raggiungere la conoscenza suprema e tra le cui radici ancora oggi , tra mille luci si trovano i “doni” natalizi che ancora simboleggiano la sua generosità.
Il Sacro Vischio
Sempre legato alla tradizione natalizia e arborea e’ il mistico vischio, considerato una pianta magica per la sua origine: non spunta dal terreno ma, nascendo sui tronchi dei meli, delle querce e dei pioppi, sembra nascere dal cielo , inoltre le sue bacche si sviluppano in nove mesi proprio come il feto umano e si raggruppano in numero di tre, numero da sempre sacro in tantissime culture.
Presso i Druidi il Vischio era considerato una pianta sacra e veniva reciso dall’albero su cui nasceva con una solenne cerimonia, usando un falcetto d’oro, infatti il vischio e’ una tipica pianta lunare e dunque , recidendola con un metallo legato alla divinità solare come l’oro si riunivano le opposte energie. Lo stesso falcetto, la cui forma è proprio quella della Luna crescente altro non sarebbe che un simbolo di riunione delle energie del cosmo e dei due principi, quello femminile e lunare con quello maschile e solare. La raccolta del vischio avveniva in due momenti particolari dell’anno, a Samhain, il primo Novembre , vero e proprio Capodanno celtico e durante il Midsummer’s Eve, la famosa festa di San Giovanni. Queste tradizioni legate alla pianta le ritroviamo anche nella cultura romana quando Enea chiede alla Sibilla il permesso di Apollo per scendere nell’Averno a trovare il padre Anchise, si sente rispondere che è indispensabile, per affrontare tale viaggio, avere con sé il Ramo d’Oro, che dovrà essere dato in dono a Proserpina.
“Come ne’ boschi al brumal tempo suole
di vischio un cesto in altrui scorza nato
spiegar le verdi fronde e gialli i pomi,
e con le sue radici ai non suoi rami
abbarbicarsi intorno; così ‘l bronco
era de l’oro avviticchiato a l’elce,
ond’era surto; e così lievi al vento
crepitando movea l’aurate foglie.”
Tra le varie tradizioni di prosperità legate al vischio, c’è quella che vuole il baciarsi sotto la pianta perché di buon auspicio, tradizione che ancora oggi si effettua in molte case, e sopravvissuta alla religione cristiana , deriva da antiche conoscenze druidiche che vorrebbero il vischio una pianta apportatrice di fecondità dato che le sue bacche , schiacciate davano un liquido molto simile al “seme” maschile.
-La figura della befana
E’ in questo contesto che si inserisce la figura della befana, la vecchia , portatrice di abbondanza e legata ai rituali di fertilita’, che dispensa doni e “carbone” ai bimbi meritevoli ponendo i suoi regali in vecchie calze la cui forma ricordano fortemente la cornucopia. In realta’ la figura della vecchia e’ stata successivamente travisata dalla moralistica religione cristiana che le ha dato il potere di premiare o punire cambiandone fortemente i connotati. Infatti lo stesso carbone, sinonimo di “punizione” e’ in realta’ un simbolo di fertilita’ legato al culto arboreo, alle tradizioni dei fuochi sacri e del ceppo natalizio. Moltissime sono in Italia le tradizioni legate alla vecchia , chiamata anche Ardoiee, Berta, Donazza, Gianepa o Marantega, nome che si avvicinerebbe a Mater Antiqua, e che spesso la vedono, come le streghe , a cavalcioni su una scopa.
E’ in questo strano intricarsi di elementi che prende corpo l’immagine della scopa stregonesca, attrezzo magico che ricorda fortemente il bastone o la “bacchetta magica”, simbolo priapico e al tempo stesso legato all’albero. Anche la tradizione della scopa potrebbe derivare dagli antichi culti dionisiaci e in particolare dal Tirso, il mitico bastone avvolto da foglie d’edera e vite e con in capo una pigna, elemento legato alla fertilità a causa dei “frutti” che nasconde nel suo seno.
Nel medioevo si credereva che la scopa fosse il mezzo di trasporto delle streghe che, attraverso essa, raggiungevano i loro raduni. In particolare in Valcamonica, ad esempio, si racconta che le streghe conoscevano un incantesimo che trasformava le scope in cavalli e che sopra di essi raggiungessero la cima del Tonale ove avevano i loro conciliaboli.
In realtà la scopa, spesso dichiarato arnese delle streghe usata proprio dalle donne nei lavori domestici in realtà è un simbolo priapico che solo successivamente , verso il XV sec. acquista l’immagine della famigerata scopa e la sua stessa posizione , tra le gambe della donna, la rendono un fortissimo simbolo di fertilità e prosperità.
Ancora oggi , dunque , nel santo periodo natalizio , strane donne a cavalcioni di scope , alberi illuminati , piccole bacche bianche ci fanno rivivere antiche tradizioni di un mondo e un culto oramai perduto: La Foresta.
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