25 aprile 2011 - Parte 1: Karol Wojtyla e il papato come strumento politico.
Vescovo di Roma, primate della Chiesa e capo della Gerarchia, vicario e successore di Gesù Cristo in terra. E’ il papa di Roma, la guida spirituale dei fedeli della Chiesa Cattolica. Per molti, una luce; per altri, un personaggio scomodo e controverso, da criticare. E di entrambi gli aspetti bisogna parlare quando si racconta la storia di uno dei personaggi che più di ogni altro ha cambiato e plasmato la storia recente: il cardinal Karol Wojtyla, eletto Papa con il nome di Giovanni Paolo II nel 1978.
LE ORIGINI – Originario di Wadovice, nel sud della Polonia, nasce da una famiglia più volte funestata da lutti: perderà la madre e la sorella. Il padre, già ufficiale dell’esercito asburgico, sopporta grandi sacrifici pur di mandare il figlio all’università.
Nel pieno della seconda guerra mondiale, mentre la Polonia occupata, Karol studia, lavora come operaio e recita in teatro, prima di maturare la decisione della sua vita: si iscrive al seminario clandestino di Cracovia nel 1942, e sarà ordinato sacerdote nel 1946. Probabilmente, ancora non sapeva che la sua figura sarebbe stata una delle più importanti del XX secolo.
ANTICOMUNISMO – Di lui Mikail Gorbacev avrà a dire: “Senza papa Giovanni Paolo II, sarebbe stato impossibile il crollo della Cortina di Ferro”, e l’associazione fra il pontificato di Wojtyla e il picco più alto dell’anticomunismo sembra ormai un dato acquisito. E allora, quale è stato il vero ruolo del Papa polacco nella fine della vita dei regimi comunisti? Per capirlo, bisogna partire da prima del suo pontificato, iniziando da quello del suo predecessore: Paolo VI. Era stato Papa Montini, infatti, ad inaugurare da parte del Vaticano quella politica di apertura, dialogo e distensione con l’Est europa, governato e controllato da Mosca e dal Comunismo, che prenderà il nome di OstPolitik. L’OstPolitik, vista da San Pietro, consisteva in una azione di dialogo vigile con i paesi comunisti e con la stessa Unione Sovietica, volta a creare condizioni di sempre maggiore libertà per le Chiese di quei paesi. L’obiettivo era dunque far sì che i fedeli oltrecortina avessero la possibilità di proclamare liberamente la propria fede : per questo, il Vaticano iniziò una serrata azione di dialogo con i governi dell’Est europeo.
DALLA DIPLOMAZIA ALL’AUTONOMIA – Giovanni Paolo II, però, non si accontentò più di dialogare: il papa polacco conosceva quelle terre, e sapeva le sofferenze che i fedeli sopportavano. Voleva un passo in più: e forzò così la politica di dialogo con l’Est, che fino a quel momento si era mantenuta solo fra governi, fra Stati, passando così da una “diplomazia della religione” ad una vera e propria autonomia della religione. E’ dunque entro questo quadro che va visto il proverbiale anticomunismo di Papa Giovanni Paolo II: nessun compromesso con i governi sovietici per la libertà religiosa dei fedeli dell’Est; e sarà proprio questo pensiero a farlo convergere oggettivamente con l’azione politica di Ronald Reagan e degli anticomunisti di tutto il mondo. E’ insomma la logica degli schieramenti a farla da padrone, ancora una volta: tutto quello che è al di qua della Cortina di Ferro, contro tutto ciò che è al di là.
SOLIDARNOSC – Così, quando anche nei paesi sovietici si sviluppano movimenti locali che lottavano per l’emancipazione dal comunismo, è naturale che fossero seguiti con occhio benevolo dal Vaticano: se poi tutto questo succedeva in Polonia, non stupisce che venissero ben sostenuti. Così Solidarnosc, il sindacato polacco fondato da Lech Walesa a Varsavia, potrà sempre contare sul sostegno del Pontefice: molti dicono che questo sostegno fu anche economico, ma Roma ha sempre negato di aver trasferito dei fondi in Polonia. Che il Papa fosse interessatissimo allo sviluppo e alla vittoria di Solidarnosc, invece, è verità acclarata.
POPULISMO ECCLESIASTICO – Così era Giovanni Paolo II: carismatico, impulsivo, deciso. Non sopportava intermediazioni, non sopportava i giochi diplomatici indiretti che erano stati la normalità della vita della Chiesa fin dagli anni ’50: il Papa ora parla ai fedeli, non ai governi. E utilizzerà lo stesso approccio per guidare la Chiesa. Senza bisogno di rivolgersi ai sacerdoti, ora Giovanni Paolo II si rivolge direttamente agli uomini di tutto: Karol Wojtyla, il populista della Chiesa. Il suo rapporto con le masse cristiane è diretto, il suo carisma deborda, la sua personalità si impone. E saranno poi i vescovi a doversi adeguare a ciò che lui dice e fa: l’esempio più forte è quello della gestione della Teologia della Liberazione in Sud America, la corrente cattolica radicale che vedeva Gesù come un “liberatore” terreno, più che un redentore; molti preti, seguendo questa dottrina, avevano abbracciato il marxismo ed erano diventati in alcuni casi dei veri e propri guerriglieri. Papa Giovanni Paolo non tarda un minuto a sconfessare con decisione questa via, che dunque viene immediatamente e definitivamente espulsa dalla dottrina della Chiesa: probabilmente, se avessero potuto decidere i vescovi locali dell’America Latina, la situazione sarebbe stata risolta in altro modo, visto che in molti erano convinti che la Teologia della Liberazione potesse essere il modo di fare Chiesa più corretto per quei popoli.
PACE NELLE RELIGIONI – Ma Giovanni Paolo II insisterà sempre sulla totale autonomia della religione rispetto ad ogni tipo di contaminazione terrena, incluso quindi le ideologie politiche (come appunto il socialismo). Tuttavia, sarebbe sbagliato etichettare Karol Wojtyla come un ideologo della repressione pura e semplice: Papa Giovanni Paolo, infatti, è anche il pontefice che ha chiesto scusa. Chiesto scusa per le malefatte della Chiesa, a più riprese, fino alla richiesta di perdono pronunciata nel giubileo del 2000. Ed è anche il Papa della Pace, colui che nel 1986 promosse l’incontro di Assisi per la Pace fra le religioni: sul sagrato della basilica, i rappresentanti di tutte le religioni del mondo pregheranno le rispettive divinità con una sola voce, con una intenzione comune.
UN GIOVANE RATZINGER – Un fatto che creò un vero e proprio sconquasso nella vita della Chiesa: il papa fu criticatissimo per questa sua iniziativa, fu accusato di “Irenismo religioso”: ovvero, di sacrificare la verità della fede cattolica nel confronto con gli altri culti; e uno dei suoi più accesi critici fu un cardinale tedesco, Joseph Ratzinger, che sarà scelto per succedere proprio a Giovanni Paolo II nel 2005. Per non parlare ovviamente del dialogo con il popolo d’Israele: dalla visita alla Sinagoga, con la definizione degli Ebrei come “fratelli maggiori”, al viaggio a Gerusalemme con l’inchino al Muro del Pianto. Un Papa penitente che, ancora, fu da molti criticato; e, di nuovo, un Papa sinceramente pacifista, che nel 1991 definì la guerra del Golfo contro Saddam Hussein come “un’avventura senza ritorno”, e che nel 2003 criticò senza mezzi termini la dottrina della “guerra preventiva” teorizzata dall’amministrazione americana del presidente George W. Bush.
IN ITALIA - Ma d’altronde l’elezione di un pontefice come Giovanni Paolo II non poteva non costituire un elemento di novità all’interno della vita della Chiesa, e per un motivo molto semplice: Karol Wojtyla è il primo papa non italiano dopo 455 anni di età, il che avrà delle conseguenze non indifferenti. Giovanni Paolo non è italiano, non conosce la realtà politica del nostro paese e scardina l’atteggiamento della Chiesa italiana nei confronti della politica, che fin da Pio XII era basato su una visibilità esterna della gerarchia il più possibile prudente, realizzata soprattutto attraverso strumenti di pressione sociali che fossero all’interno della vita del paese: l’Azione Cattolica, le Acli, i maestri cattolici, la Coldiretti. Presenze sociali cristianamente animate, ma non come entità cattoliche distinte: erano piuttosto parti attive della vita del paese.
I MOVIMENTI – Giovanni Paolo II radicalizza questa situazione in senso fortemente identitario, il che lo porterà a sposare dei fermenti già presenti, come ad esempio Comunione e Liberazione, un movimento, per i tempi, molto radicale che ha sempre invocato questo cambio di passo: non più, “uomini cattolici nelle istituzioni di tutti”, ma istituzioni cattoliche distinte e separate, che vivano parallelamente alle altre entità, religiose e non. Giovanni Paolo privilegia dunque questi nuovi movimenti non tradizionali, rispetto alla classica concezione ecclesiale italiana. Il che avrà dei risvolti anche sulla vita politica del paese: questi nuovi fermenti, così dinamici, riterranno ben presto di non aver più bisogno di un partito unico dei cattolici.
UNA CHIESA IDENTITARIA – La Democrazia Cristiana entra così in decadenza, e scende in campo direttamente la Cei o la Segreteria di Stato. D’altronde a Giovanni Paolo interessava che la Chiesa stessa fosse una presenza sociale e partecipe attiva del discorso pubblico; una Chiesa che si caratterizzasse per una progressiva selezione di valori guida: i cosiddetti principi non negoziabili che si riassumono nelle tre parole d’ordine: vita dal concepimento alla morte naturale, famiglia fondata sul matrimonio davanti a Dio e istruzione cattolica. Insomma, con Giovanni Paolo II la Chiesa cambia il suo volto: per il Papa polacco, essa è un insieme di gruppi, comunità, quasi di tribù, molto attaccate alla propria identità, che animino lo spirito della Chiesa e vivano nel loro tempo: e per molti, la Chiesa di Giovanni Paolo II perderà una larga parte dello spirito ecumenico e accogliente che l’aveva animata fino a quel momento.
0 commenti:
Posta un commento