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CHIESA, L' INGERENZA È TROPPA - PERCHÈ LA CHIESA È COSÌ APERTAMENTE INTERVENTISTA?


Berlusconi e PapaNon è strano che i vescovi italiani e la gerarchia cattolica romana intervengano sulle complesse vicende della politica italiana. L’hanno sempre fatto, soprattutto nei momenti di maggiore tensione o crisi: in modo esplicito e ufficiale oppure in forma indiretta e agendo dietro le quinte. E quasi sempre introducendo nella discussione vedute e orientamenti non banali. Ciò che è strano e che molto ha colpito gli osservatori è invece il deliberato, finanche eccessivo, sollievo con il quale esponenti di spicco della Chiesa hanno salutato la mancata sfiducia al governo Berlusconi, quasi si sia trattato di un passaggio epocale e dirimente; del pari è parso anomalo l’ insistente pressing condotto dai medesimi sull’on. Casini, affinché si risolva al più presto a sostenere con i suoi deputati la traballante maggioranza del Cavaliere e, soprattutto, eviti di stringere rapporti troppo stetti con un Fini giudicato inaffidabile a causa delle sue posizioni laiciste. Per qualche giorno, il linguaggio soave delle note pastorali vescovili,
 quello felpato e spesso allusivo della diplomazia vaticana, quello rigoroso della teologia e quello solenne della liturgia, hanno lasciato il posto al gergo noioso della politologia; si sono perciò sentiti ecclesiastici di rango misurarsi in modo un po’ irrituale con questioni che spesso risultano dozzinali e noiose persino nei talk show televisivi: la stabilità dell’esecutivo, il rafforzamento dei poteri del capo del governo, l’alternativa tra maggioritario e proporzionale, il federalismo solidale, l’allargamento al centro della maggioranza e via dicendo.
Ci si è chiesti il perché di una simile esposizione, che smentendo l' orientamento papale degli ultimi anni rischia di trasformare la Chiesa in un anomalo attore politico. Ci si è chiesti altresì le ragioni di un sostegno tanto incondizionato a Berlusconi, a dispetto delle sue conclamate eccentricità, che tanto disagio hanno spesso provocato tra i singoli cattolici. E si sono date all'incirca tre risposte.
La prima, la più prosaica e maliziosa, insiste sul prevalere di un atteggiamento pragmatico e secolarista nei confronti della politica dettato da questioni d' interesse materiale. Con l'attuale presidente del Consiglio, uomo a sua volta pragmatico e di relativi scrupoli, si sarebbe stabilita un'intesa nel segno della reciproca convenienza. Il sostegno pubblico al suo governo, specie ora che è in difficoltà, avrebbe come contropartita la soluzione dei dossier mondani che più premono alla Chiesa: dai finanziamenti alle scuole genericamente definite private alle esenzioni fiscali garantite al suo vasto patrimonio immobiliare.
La seconda, anch'essa nel segno del realismo, pone lo scambio su un livello più alto. Pur con tutti i limiti e i vizi che l'uomo Berlusconi ha dimostrato, il suo governo è pur sempre quello più attento alla difesa dei valori che la Chiesa definisce da sempre non negoziabili: dalla vita alla famiglia. Sostenerlo politicamente equivale a impegnarlo affmché traduca in legge dello Stato tali valori, ponendo così un argine normativo alla deriva relativista e soggettivista della società che tanto preoccupa la Chiesa.
La terza richiama invece l'attenzione sul ruolo di supplenza e di indirizzo che la gerarchia cattolica sente di dover svolgere in una fase politica che per l'Italia - divisa al suo interno come non mai - si annuncia caotica e aperta a ogni pos *** sibile sbocco, anche il più pericoloso e avventato. Non si tratta di ingerenza, come spesso si lamenta dal fronte laico, ma dell'affettuosa tutela che la madre riserva al figliolo scapestrato e che ha smarrito la via. La Chiesa è davvero preoccupata per le sorti della nazione italiana, teme che l'instabilità delle istituzioni possa trasferirsi nella società e nelle coscienze, e non vedendo alternative concrete e realistiche al Cavaliere ritiene più utile e conveniente, per il bene comune degli italiani, appoggiarne l'azione di governo.
Ma c'è una quarta risposta che potrebbe essere data per spiegare l'intervento quasi militante che la Chiesa ha realizzato in questi giorni sulla scena politica italiana, dando quasi l'impressione di volerne assumere la guida. Una risposta che ha che vedere, più che con un eccesso di forza odi capacità di condizionamento, con la debolezza che l'affligge nell'attuale contingenza storica; con l'arretramento geopolitico e spirituale, con la perdita di ruolo e di potere, che essa ha dovuto subire a livello globale negli ultimi anni. In molte parti del mondo la Chiesa è sotto attacco e sulla difensiva. Nell'area islamica rischia di scomparire fisicamente, essendo perseguitata e continuamente minacciata. Nel mondo cristiano-occidentale ha subito un'offensiva mediatica e propagandistica devastante a causa dello scandalo dei preti pedofili, che oltre a non pochi danni economici ha prodotto un clima di diffidenza e pregiudizio nei suoi confronti che non sarà facile recuperare. In antiche roccaforti della cattolicità - dalla Spagna all'Irlanda, alla Francia - ha fatto breccia ed è divenuta egemone, soprattutto tra le nuove generazioni, la cultura secolarista e individualista. In Africa e in America latina, zone di tradizionale espansione missionaria, essa deve vedersela sempre più con l'attivismo, sorretto da una straordinaria forza finanziaria, del settarismo protestante, che le sottrae anime e influenza. Le zone emergenti del mondo - dalla Cina confuciana all'India induista - non le riconoscono alcun primato morale e spirituale e si dimostrano quasi indifferenti alla sua predicazione.
All'interno di un quadro tanto difficile, grande è la tentazione di fare dell'Italia un centro di resistenza politico-spirituale, una roccaforte nella quale rinchiudersi a difesa delle proprie posizioni e dalla quale far partire, quando le condizioni storiche lo renderanno possibile, una nuova ondata evangelizzatrice. Ma per reali77are quest'obiettivo - ed ecco allora spiegato in una chiave meno effimera l'attivismo recente delle gerarchie vaticane - occorre prima stabilire un'egemonia culturale e politica incondizionatamen-te cattolica sulla vita pubblica italiana, anche a costo di forzarne gli equilibri sociali e istituzionali e anche a costo di qualche pericolosa contraddizione: da un lato quella di far coincidere i valori universali e oggettivi della Chiesa con quelli propri di una specifica e contingente tradizione storica, come è in fondo quella italiana, facendo così perdere ai primi il loro carattere trascendente e perenne; dall'altro quella di affidare la difesa mondana di tali valori a chi - nel caso presente a Berlusconi - del consumismo, del materialismo e del relativismo etico ha fatto la base ideologica del proprio successo politico.



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