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SANGUE IN VATICANO: L'OMICIDIO DEL CAPITANO ESTERMANN

Due autopsie contrastanti, lettere contraffatte, voci di presunti coinvolgimenti dei servizi segreti dell'Est. La strage del maggio 1998 che sconvolse la storico corpo delle Guardie Svizzere presenta ancora molti lati oscuri.

4 maggio 1998: il comandante delle Guardie Svizzere Alois Estermann, di sua moglie Glady Moza Romero e del vice-caporale Cédric Tornay vengono rinvenuti uccisi con colpi di arma da fuoco in un appartamento in Vaticano. Dopo circa tre ore dal delitto arriva la versione ufficiale del Vaticano. Attraverso il portavoce Joaquìn Navarro-Valls si viene a sapere che «I dati finora emersi permettono di ipotizzare un raptus del vice-caporale Cédric Tornay che, in un momento di follia, si sarebbe recato nell'appartamento dove avrebbe ucciso con la pistola d'ordinanza il colonnello e sua moglie e successivamente si sarebbe suicidato». Navarro-Valls riferisce anche della presenza di una lettera d'addio, affidata qualche ora prima (le 19,30, precisa il portavoce) a un commilitone dal folle vice-caporale con queste parole: «Se mi succede qualcosa, consegnala ai miei genitori». La versione ufficiale vaticana si conclude con un laconico messaggio: «E' tutto molto chiaro, non c'è spazio per altre ipotesi».
Sin dall'inizio, la "soluzione" offerta dalle fonti ufficiali del Vaticano sulla strage parve subito stonata. Vediamo le incongruenze del racconto vaticano.

Facendo subito riferimento alla lettera che il vice-caporale avrebbe affidato ad un suo
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Estermann e la moglie
ricevuti dal Papa
collega, come si può conciliare un raptus di follia con una lettera scritta almeno due ore prima dello stesso raptus? Infatti, una persona priva di lucidità non scrive con largo anticipo una lettera in cui spiega il suo gesto folle. Solo uno schizofrenico dalla nascita può comportarsi così, ma l'accurata visita di leva delle guardie svizzere avrebbe potuto accertarlo in largo anticipo.
Nella lettera alla mamma il caporale Cédric Tornay scriveva: «Spero che tu mi perdonerai perché sono stati loro a costringermi a fare quello che ho fatto. Quest'anno dovevo avere l'onorificenza e il colonnello me l'ha negata. Dopo tre anni, sei mesi e sei giorni passati a sopportare tutte le ingiustizie, l'unica cosa che io volevo me l'hanno rifiutata [...]».
Secondo le parole utilizzate dal vice-caporale, la lettera sarebbe stata un messaggio di spiegazioni alla mamma del suo gesto. Essa ha quindi la funzione classica di una "lettera d'addio" di un suicida. Se è così, il gesto di Cédric Tornay non è stato dettato da un raptus, anzi si è trattato di un assassinio premeditato, tanto da giustificarlo in una missiva. Non è una differenza di poco conto.
Secondo le perizie condotte su commissione della madre del vice-caporale, la lettera è un falso poiché ci sono incoerenze di forma, oltre che di fondo. La perizia calligrafica fatta fare dalla mamma di Cédric Tornay esclude che la lettera sia stata scritta dal vice-caporale. In più non sono stati ravvisati segni che portino a concludere che sia stata scritta da una persona in evidente stato confusionale. Inoltre il giovane caporale avrebbe utilizzato, nell'indicare il destinatario, il cognome del secondo marito della madre, quello registrato nei documenti in possesso del Vaticano. Sembra che Cédric non abbia mai usato questo cognome. Un'ultima considerazione. Il testo della lettera fu letto pubblicamente alle Guardie Svizzere dal loro cappellano, monsignor Jehle, la mattina del 5 maggio 1998. Il giorno dopo la lettera arrivò ad alcuni quotidiani italiani, ma il testo era cambiato leggermente. Infatti furono apportate correzioni che tendevano a francesizzare il testo, eliminando alcuni italianismi.
Secondo i tabulati telefonici, probabilmente il comandante Estermann stava parlando al telefono con qualcuno, mentre iniziò a consumarsi la strage. Perché non si è mai conosciuto il nome di questo presunto "testimone acustico"?
Ad accrescere l'atmosfera di suspence c'era anche dell'altro. Un sacerdote francese, tale "padre Ivano", presunto padre spirituale del vice-caporale, avrebbe rivelato alla stampa che intorno alle 20,30 di quel tragico 4 maggio la segreteria telefonica del suo cellulare aveva registrato una telefonata concitata di Cédric Tornay che gli chiedeva una sorta di aiuto, senza però specificarne il motivo. Di padre Ivano non si è saputo più niente.

Un altro elemento che contraddice la versione vaticana, è la posizione del corpo del vice-caporale ritrovato dopo il suicidio. Secondo la versione ufficiale, il giovane, dopo aver sparato al suo comandante e alla signora Romero, si è inginocchiato e, flettendo il corpo in avanti, si è sparato in bocca con la sua pistola d'ordinanza, una Sig Sauer prodotta in Svizzera con un calibro di nove millimetri (per la precisione 9,41), la stessa arma con cui ha commesso gli omicidi. L'arma è finita, poi, sotto il corpo del vice-caporale. Ebbene, questa dinamica, l'unica possibile stando ai dati disponibili della versione ufficiale, appare inverosimile. Infatti, come mai il corpo dell'omicida-suicida sarebbe stramazzato a terra bocconi nascondendo la pistola nel frattempo caduta? Insomma, non sarebbe stato più plausibile che stramazzasse all'indietro anziché in avanti? Infatti, il forte impatto del proiettile di grosso calibro contro le ossa solide del cranio, la parte più dura del corpo umano, porta a ritenere che nell'attimo della morte conseguente al colpo, la testa di Cédric Tornay avrebbe dovuto subire un logico sbilanciamento all'indietro e non in avanti. Inoltre si è saputo che i gas compressi dell'esplosione del proiettile non si sono dispersi nell'ambiente, ma sono rimasti contenuti nella cavità orale. Quindi, l'azione combinata del potente proiettile e della forte spinta di questi gas, avrebbero prodotto un ragionevole sbilanciamento della testa nella direzione dello sparo, quindi all'indietro e non in avanti.
Anche il ritrovamento della pistola sotto il cadavere solleva molti interrogativi sul reale suicidio. Infatti, l'immediata privazione di coscienza di Cédric Tornay e la conseguente perdita di controllo della muscolatura, assieme al seppur modesto rinculo dell'arma, portano a ritenere che le probabilità che la pistola potesse finire sotto il corpo, ovvero là dove il Vaticano sostiene sia stata ritrovata, sono modeste, praticamente nulle.
Attraverso la versione ufficiale si è saputo anche che la pistola usata per la strage ha esploso cinque colpi. Solo di quattro proiettili c'è la prova della destinazione (due verso il comandante, uno contro la signora Romero ed uno per il suicidio), del quinto non c'è n'è traccia, se non si vuole "ammettere" - secondo quanto sostenuto dal portavoce vaticano Joaquìn Navarro-Valls - che il proiettile mancante potrebbe essere quello ritrovato conficcato nel soffitto della stanza. Si può presumere che il quinto proiettile sia quello che è servito al sicario per far risultare la mano del vice-caporale positiva all'esame del guanto di paraffina. Quindi, o il proiettile è stato caricato a salve, oppure davvero ne esiste uno conficcato nel soffitto.
Quindi, come è stato detto, quella sera sono stati sparati cinque colpi senza silenziatore. Possibile che nessuno abbia udito questi spari?

Per rendere più credibile la sentenza di archiviazione firmata dal giudice istruttore della magistratura vaticana, è stato rivelato che il vice-caporale Cédric Tornay era solito
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fumare spinelli. Infatti, è stato reso pubblico che ventiquattro mozziconi sono stati ritrovati in un cassetto del suo appartamento. A parte che questo mette in evidenza che anche in Vaticano si "fanno le canne", è stato dimostrato che non esiste nessuna relazione medica che porti a credere che fumando spinelli si altera l'equilibrio psichico di un individuo tanto da fargli commette una strage.
Per rincarare la versione del Vaticano è stato anche riferito che durante l'autopsia, oltre a riscontrare stress da postumi di broncopolmonite, nel cranio del giovane caporale giaceva una cisti che premendo sul lobo frontale poteva essere causa di un disturbo comportamentale. In più Cédric Tornay è stato descritto come una guardia disinibita e irriverente.
Per completare il diffamante quadro disegnato su Cédric Tornay, riferiamo che qualcuno, non ovviamente la Santa Sede, ha descritto il vice-caporale come un omosessuale e un prostituto, avanzando l'ipotesi di una relazione omosessuale tra lo stesso Cédric Tornay e il comandante Estermann (sono queste le sconvolgenti rivelazioni di Massimo Lacchei, un amico della guardia svizzera assassina, fatte nel libro Verbum Dei et verbum Gay, Libreria Croce, Roma 1999). Non mi soffermo su queste "confessioni", primo perché non considero l'omosessualità una colpa, secondo per non uccidere una seconda volta il giovane Cédric Tornay che non può più affermare il contrario. In ogni caso, se mai fosse esistito un simile legame tra un comandate e un suo sottoposto, difficilmente non sarebbe venuto a galla e quindi entrambi sarebbero stati da molto tempo congedati nella massima discrezione.
La stessa Santa Sede ha continuato a sostenere che vi era un risentimento di tipo professionale del subalterno nei confronti del capo, dovuto a vicende interne alla Guardia Svizzera, e che assolutamente è da escludere un delitto passionale omosessuale.

Chi non ha mai creduto alla tesi sostenuta in Vaticano è la mamma del caporale, la signora Muguette Baudat, che da subito ha sostenuto che suo figlio è stato ucciso insieme agli altri due da «un'organizzazione occulta dentro il Vaticano che ha orchestrato una messa in scena per far passare mio figlio per pazzo». 
Sin dal primo momento la signora Muguette Baudat non accettò l'ipotesi dell'omicidio-suicidio. E ciò gli costò subito, come lei stessa ha riferito, un sistematico ostruzionismo da parte del Vaticano.
Già all'indomani della strage le era giunto l'invito a non recarsi a Roma per vedere la salma del figlio perché il colpo alla bocca l'aveva ridotta in uno stato pietoso e il troppo caldo aveva in parte decomposto il corpo. Alle sue insistenze, dal Vaticano si era giunti a dirle che gli alberghi erano pieni e che era praticamente impossibile trovarle un posto. Ovviamente la signora Baudat si recò dal proprio figlio, partecipando alla cerimonia d'addio.
Non solo alla signora Baudat è stato negato di conoscere gli atti dell'inchiesta, anche dopo l'archiviazione della procedura, ma anche ai primi avvocati della signora è stato impedito sia la partecipazione allo svolgimento dell'inchiesta sia l'accesso al dossier.
In una conferenza tenuta a Roma il 5 luglio 2002, dopo che invano aveva tentato di accedere ai dossier e far riaprire il caso affidandolo a un'autorità estranea al Vaticano, anche con una richiesta al pontefice in persona, la signora Baudat ha tenuto una conferenza stampa assieme ai due suoi legali, Jacques Verges e Luc Brossollet, autori poi di un libro-inchiesta pubblicato in Italia quello stesso anno.
Ebbene, in quella conferenza stampa si è sostenuto un legame strettissimo tra la strage del 4 maggio 1998, l'attentato a Giovanni Paolo II e la scomparsa di Emanuela Orlandi. Ovviamente gli avvocati hanno portato anche prove inconfutabili che smentiscono la dinamica del fattaccio "costruita" in Vaticano.
Innanzitutto vengono presentati i risultati di una seconda autopsia sul corpo di Cédric Tornay, eseguita su richiesta della madre dall'Istituto medico legale di Losanna, il 14 maggio 1999. Gli esiti smontano le verità preconfezionate in Vaticano.
I risultati, infatti, contraddicono punto per punto la tesi ufficiale. Innanzitutto non c'è alcuna traccia della ciste al cervello che giustificherebbe il raptus di follia, poi è stata scoperta una frattura alla base del cranio, precisamente nella regione occipitale sinistra, che sarebbe in grado di indicare che il vice-caporale potrebbe aver ricevuto un colpo sopra l'orecchio
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Cédric Tornay il giorno del giuramento
sinistro. Tale ferita ha sicuramente provocato un'emorragia al giovane, poiché è stato ritrovato sangue e muco nei polmoni di Cédric. Un'altra scoperta ribalta la tesi che il caporale si sia ucciso con la sua pistola, una calibro nove, poiché il nuovo esame autoptico ha stabilito che a uccidere il giovane era stato un proiettile da sette millimetri. Infine, rimane inspiegabile la rottura, rilevata nell'autopsia, degli incisivi del ragazzo, che proverebbe che un'arma gli è stata introdotta a forza nella bocca.
Esiste un altro dettaglio di non poco conto riferito dai legali della mamma di Cédric Tornay: il cellulare del figlio. Ebbene questo è stato restituito alla signora Baudat disabilitato. Perché? Sono state fatte delle ricerche sui tabulati telefonici per appurare se quel cellulare ha ricevuto o fatto telefonate? Se sì, perché non sono stati resi pubblici i risultati?
Infine c'è la misteriosa presenza di un certo "diacono Yvon Bertorello", un uomo che la signora Baudat ha incontrato il 6 maggio, due giorni dopo il delitto, in Vaticano. Tale misterioso personaggio avrebbe detto alla signora Baudat ch'egli sapeva che suo figlio era innocente e che ne aveva la prova. La signora ha incontrato solo un'altra volta questo diacono, in Svizzera, e anche questa volta, pur non fornendole, riferì alla signora di avere le prove dell'innocenza di Cédric Tornay.
La lotta per la verità della signora Muguette Baudat per la ricerca della verità si è dimostrata vana, poiché lo Stato della Città del Vaticano non ha mai firmato l'articolo 6 della Convenzione Europea sul principio dell'equo processo. Questo comporta che davanti al Vaticano non si può ricorrere alle disposizioni della Convenzione Europea, quindi non si può contestare in nessuna sede una decisione della giustizia vaticana. Dunque la Santa Sede si è messa al riparo da qualsiasi critica giudiziaria che venga dall'esterno. Tutto questo è in contraddizione con quanto il Vaticano va predicando nel mondo: giustizia, equità, trasparenza, verità.

Anche dall'interno del Vaticano sono stati sollevati dubbi sull'esatta dinamica della strage. In un libro pubblicato nel 1999, un gruppo di prelati che si firma "Discepoli della verità", mantenendo così l'anonimato, «ha ritenuto di non poter più avallare, con il loro silenzio, la verità ufficiale confezionata e diffusa dalla Santa Sede» sulla strage del 4 maggio 1998. Secondo il gruppo la Santa Sede ha volutamente nascosto prove inconfutabili che scagionerebbero il vice-caporale dall'accusa di omicidio.
Il libro sostiene che all'interno delle mura leonine esisteva, e probabilmente esiste ancora, una guerra intestina tra le due fazioni che si contendono il potere del Vaticano: quella legata all'Opus Dei e quella massonica (la cosiddetta "Loggia vaticana").
La nomina di Estermann a comandante della milizia del papa, sarebbe stata contrastata dalla "Loggia vaticana", poiché il nuovo capo della Guardia Svizzera sarebbe stato legato alla fazione dell'Opus Dei. Ovviamente il vice-caporale Cédric Tornay divenne solo la copertura all'esecuzione.
A ingarbugliare la matassa, durante la celebrazione dei funerali, in Germania il quotidianoBerliner Kurier pubblicava la notizia che il colonnello Alois Estermann poteva essere un agente o un informatore dei servizi segreti della Germania dell'Est, la terribile Stasi. Il suo nome in codice sarebbe stato "Werder". Anche il quotidiano polacco Super Express avvalorò questa tesi attraverso un'intervista a Markus "Mischa" Wolff, ex capo dei servizi segreti della Germania Est.
Secondo le rivelazioni dei giornali, sembra che Estermann sia stato "arruolato" dalla Stasi nel 1979, ancor prima del suo ingresso nelle Guardie Svizzere. L'effettiva entrata "in servizio" avvenne però il primo maggio dell'anno dopo. A quanto si apprende, l'agente Werder era gestito da tre ufficiali di controllo della Stasi. Nessuno di loro però ha voluto confermare che dietro quel nome in codice si celasse effettivamente Alois Estermann. Essi, però, non hanno peraltro neppure smentito tale inquietante ipotesi.
Secondo le rivelazioni pubblicate da un altro giornale tedesco, il Berliner Kurier, tra il 1981 e il 1984 l'agente Werder avrebbe consegnato perlomeno sette dossier, depositati in una casella postale in disuso sul treno notturno Roma-Innsbruck. L'11 aprile del 2005 "Misha", in un'intervista a Repubblica ritrattò tutto, riferendo che l'agente Werder era in realtà un monaco benedettino, Eugen Brammertz, collocato all'Osservatore Romano dal 1977.
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Vediamo brevemente allora chi era Alois Estermann. Il neo-nominato capo delle Guardie svizzere era nato a Gunzwil (Lucerna-Svizzera) il 29 ottobre 1954. A venticinque anni entrò nell'esercito pontificio come semplice alabardiere. Il 27 ottobre del 1982 divenne capitano e l'anno dopo ricevette la promozione al grado di tenente colonnello. Nel 1983 ottenne la dispensa a potersi sposare, pur non avendo ancora ultimato i cinque anni di servizio richiesti dal regolamento delle Guardie Svizzere. Si sposò con una venezuelana, Gladys Meza Romero, diplomatica del suo Paese accreditata presso la Santa Sede. Il rito civile venne celebrato il 7 marzo 1984 a Urica, in Venezuela, mentre quello religioso, avvenuto due mesi prima, ricevette l'imprimatur dal loro padre putativo, il potente vescovo venezuelano Josè Rosalio Castillo Lara, divenuto poi cardinale nel 1985 con incarichi importanti in Curia (membro della Segnatura apostolica, "ministro del Tesoro" e quindi capo supremo di tutte le finanze vaticane).
Alois Estermann, nella sua carriera in Vaticano, aveva seguito il papa in trenta viaggi e il giorno dell'attentato a Giovanni Paolo II fu uno dei primi ad accorrere in suo aiuto. Estermann divenne comandante delle Guardie Svizzere nove ore prima di essere ucciso, dopo lunghi mesi d'attesa, dal momento che il suo predecessore, il colonnello Roland Buchs, aveva lasciato il comando nel novembre del 1997.

Le esequie di Alois Estermann e di sua moglie Glady Moza Romero si tennero la mattina del 6 maggio nella chiesa dei santi Martino e Sebastiano. Il giorno dopo, per il rito funebre del vice-caporale, il colonnello Roland Buchs, fatto tornare in Vaticano per assumere ad interim il comando delle Guardie Svizzere, ordinò che la salma fosse vestita con l'alta uniforme e che le fossero resi gli onori militari da un picchetto di quaranta alabardieri. Le tre bare finirono poi per ritrovarsi nella stessa camera ardente, accomunati da un unico tragico destino. 



fonte http://www.storiain.net/arret/num128/artic4.asp


BIBLIOGRAFIA
  • Bugie di Sangue in Vaticano. Il triplice delitto della Guardia Svizzera, dei Discepoli della Verità. - Kaos Edizioni, Roma 1999.
  • Delitto in Vaticano: la verità. Cédric Tornay martire della Chiesa cattolica, di F. Croce - Libreria Croce, Roma 1999.
  • Assassinati in Vaticano, 4 maggio 1998. Dalla ragion di Stato alla Giustizia negata, di J. Vergès, L. Brossollet - Kaos Edizioni, Roma 2002.
  • Storia della guardia svizzera pontificia, di D. Del Curatolo - Macchione Editore, Varese 2006
  • «Wolf: "Nell'attentato al Papa Ali Agca non era solo"», di M. Ansaldo - la Repubblica, 11 aprile 2005




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1 commenti:

Unknown ha detto...

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