A Giovanni Paolo II successe colui che dirigeva la Congregazione per la dottrina della fede (l'antica Inquisizione) durante il suo pontificato, il cardinale Ratzinger che assunse il nome di Papa Benedetto XVI (2005 - ?).
Il suo programma fu esposto nei dettagli poco prima della sua elezione in una conferenza che tenne a Subiaco il 1° aprile del 2005. Un rigido e freddo reazionario che ha riportato la Chiesa indietro di secoli e l'ha allontanata sempre più dai fedeli, ormai ridotti ai soli bigotti. In questo intervento riecheggiava il Sillabo di Pio IX con una ulteriore condanna dell' Illuminismo il male non solo del Cristianesimo ma dell'intera umanità. Qualche giorno dopo, in occasione dell'omelia per la morte di Giovanni Paolo II, pronunciò altri anatemi contro ciò che sarà uno dei mantra del suo pontificato: il relativismo che non riconosce nulla come definitivo e lascia come ultima misura solo il proprio io e le proprie voglie.
Ed al relativismo egli opponeva ed oppone la fede in Cristo che è l'unica in grado di far discernere tra verità e menzogna. Un vero manifesto fondamentalista che non lascia spazio a nessuno che non la pensi come il Vicario di Cristo (a parte forse solo alla Comunità ultrareazionaria di San Pio X e a S.E. Mons. Richard Williamson, il vescovo antisemita e negazionista).
Anche con il Papa tedesco opererò come con il polacco, riportando articoli già pubblicati.
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RATZINGER
(Considerazioni ispirate dal pamphlet Contro Ratzinger, di Anonimo - Ed. ISBN, 2006)
Roberto Renzetti
Intanto sbarazziamoci di un mito: non è vero che Ratzinger calza scarpette Prada ma solo pantofole fatte a mano solo per lui da Adriano Stefanelli, artigiano della provincia di Novara.
Riguardo al suo copricapo, il camauro, qualcuno ha osservato che l'ultimo Papa che lo aveva indossato era stato Giovanni XXIII. Questo qualcuno poteva fare uno sforzo in più ed osservare che il copricapo era stato rispolverato da Ratzinger certamente in omaggio ad un suo affine, a Papa Paolo III Farnese che nel 1542 istituì la Sacra Congregazione della Romana ed Universale Inquisizione. Più in generale la moda del camauro era la moda dei Papa re.
Ratzinger, in questo anticipato da Wojtyla, è un determinato nemico dell'Illuminismo. Ed è istruttivo capire il contorcersi della sua logica (delle loro logiche) per portare acqua al suo povero mulino. L'Illuminismo è l'inizio della negazione di Dio che ci ha portato verso una modernità che ha perso la sua umanità proprio per aver negato Dio. E ciò vuol dire, nel contorto argomentare di Ratzinger, che quando si utilizza il metodo scientifico (sic!), che pretende essere indipendente da istanze metafisiche, si generano mostri. Quindi il Nazismo risulta figlio dell'Illuminismo ! Caspita, allora la Chiesa che con il Nazismo ci ha civettato, facendoci pure un concordato, è figlia dell'Illuminismo ? A questo non avevo e non avrei mai pensato. Non è che sbagli parentele il nostro Papa ? Non è che confonde Illuminismo con l'irrazionalismo del tardo Romanticismo (in contrasto con Hegel e soprattutto Marx), spiegabile in chi difficilmente va al di là del medioevalista San Tommaso ? Ma poi, i sistemi di tortura della Santa Inquisizione, che ha visto proprio Ratzinger come massimo rappresentante negli ultimi anni, non abbondavano di ricorso a macchine e marchingegni, mal protesi nervi di quella tecnica che si aborrisce ? Ed ancora: ma ci si rende conto delle associazioni di idee che vengono richiamate ? Illuminismo-nazismo-scienza. E questo oggi, quando Ratzinger utilizza abbondantemente dei prodotti della tecnica figlia di quella scienza per risolvere i suoi problemi di salute (altrimenti annunci subito e lasci scritto che si affida a salassi ed alchimisti).
Ma Ratzinger ha avuto a che fare con il Nazismo, direttamente. Quando ricordava in modo bucolico la sua giovinezza a Maklt sull'Inn in Baviera, dimenticava di ricordare un piccolo dettaglio geografico, quel paesino cartolina era a 16,5 chilometri da Branau dove, 38 anni prima era nato Hitler. Caspita, non è un dettaglio da poco, la coincidenza poteva essere ricordata, no ? Ebbene non lo è stata. Ed anche i ricordi sul nazismo sono distaccati come quando si discuteva delle colpe della Chiesa: un qualcosa che non ci riguarda e comunque è di qualche persona e non dell'istituzione. Tutto talmente asettico che non viene alla mente all'alto prelato nessun ricordo vero, di autentica sopraffazione. In fondo era un contadino e, come tale, estraneo a quegli eventi. E poi, nei suoi ricordi, spunta il 1940, l'anno dei grandi trionfi di Hitler, un periodo di gloria che è ricordato come il riscatto (dalle umiliazioni dei trattati di fine Prima Guerra Mondiale) e che convertì tutti al nazionalsocialismo. All'età di 16 anni il giovane Joseph, come membro delle Hitlerjugend, venne assegnato al programma Luftwaffenhelfer, cioè al personale di supporto alla Luftwaffe (l'aviazione militare del Reich) a Monaco e fu assegnato in un reparto di artiglieria contraerea esterno alla Wehrmacht che difendeva gli stabilimenti della BMW. Fu assegnato per un anno ad un reparto di intercettazioni radiofoniche. Con il peggioramento delle sorti tedesche nel conflitto fu trasferito e incaricato allo scavo di trincee, quindi inviato insieme a gruppi di coetanei a compiere marce in alcune città tedesche cantando canti nazionalsocialisti per sollevare il morale della popolazione. Certamente dirà che fu costretto e noi certamente gli crederemo, quasi che il Fascismo non sia un buon viatico per fare il prete d'assalto. E come non tener conto che appena salito al potere Hitler firmò il Concordato con la Chiesa ?
La carriera di tal personaggio lo portò ai più alti incarichi nella Chiesa, fino a diventare un influentissimo consigliere del Papa polacco (tanto che non si riesce bene a distinguere dove inizia il pensiero dell'uno e dove finisce quello dell'altro). Di sua iniziativa, certo non osteggiato dal polacco, rianimò l'Inquisizione e la portò a pieno ritmo di efficienza. Ripulì la Curia dai progressisti, da coloro che continuavano a sperare nel Concilio. Emarginò, condannò, isolò, riportò nelle braccia di Santa Madre Chiesa decine di teologi e sacerdoti. Si entusiasmò per chi con successo aveva coniugato fede ed affari e cioè per il franchista Escrivà de Balaguer e la sua setta oscuramente affaristica Opus Dei senza disdegnare Don Giussani e Comunione e Liberazione. Intanto si riappacificava con i peggiori figuri anticonciliari, come i lefebvriani, ed attaccava, fino a portarla al silenzio, la Teologia della Liberazione, unica speranza degli emarginati del Sud del mondo (alla cosa si accompagnavano gli sfregi ai cattolici sandinisti da parte del polacco).
Questo Papa, il tedesco, fa professione di ferreo assolutismo e iniziò a darne prova pubblica il 9 giugno del 2000 quando fece seguire all'apertura del polacco alle Chiese cristiane d'Oriente, il documento dal titolo Nota sull'espressione "Chiese sorelle" (*) [ogni documento citato e seguito da asterisco è riportato per intero in Appendice]. In tale documento, senza che Wojtyla abbia obiettato, l'allora capo dell'Inquisizione così scriveva:
"Deve essere sempre chiaro, quando l'espressione Chiese sorelle viene usata in questo senso proprio, che l'una, santa, cattolica e apostolica Chiesa universale non è sorella ma madre di tutte le Chiese particolari".
Quindi era già chiaro da questo solo qual era e resta il programma del tedesco, la Chiesa come valore assoluto non discutibile.
Questo assolutismo era però gravemente intaccato per fini utilitaristici in occasione di un'altra scadenza voluta dal polacco, il perdono richiesto per le colpe del passato della Chiesa. Qui vi fu e vi è ancora un battage pubblicitario tanto grande quanto risolventesi in varie successive e deludenti bolle di sapone come, ad esempio, la pretesa riabilitazione di Galileo (ma poi, chi è che riabilita chi ?) che non è mai avvenuta.
Il 7 marzo 2000 fu pubblicato un ponderoso documento, La chiesa e le colpe del passato (*), che proveniva certamente da elaborazioni e/o censure dell'Inquisizione. In esso, dopo le seguenti premesse:
«Non sono però mancate alcune riserve, espressione soprattutto del disagio legato a particolari contesti storici e culturali, nei quali la semplice ammissione di colpe commesse dai figli della Chiesa può assumere il significato di un cedimento di fronte alle accuse di chi è pregiudizialmente ostile ad essa»,
si sosteneva:
«La difficoltà che si profila è quella di definire le colpe passate, a causa anzitutto del giudizio storico che ciò esige, perché in ciò che è avvenuto va sempre distinta la responsabilità o la colpa attribuibile ai membri della Chiesa in quanto credenti, da quella riferibile alla società dei secoli detti "di cristianità" o alle strutture di potere nelle quali il temporale e lo spirituale erano allora strettamente intrecciati»
«Si profilano, così, diversi interrogativi: si può investire la coscienza attuale di una "colpa" collegata a fenomeni storici irripetibili, come le crociate o l'Inquisizione?»
Si sta cioè dicendo che i fatti vanno riferiti a determinate epoche storiche, che sono RELATIVI ad esse. E la cosa mi trova d'accordo anche se non so come il tedesco possa mettersi d'accordo con se stesso. Ma si dice di più: gli sbagli, l'errore, le colpe, sono di singole persone, non della Chiesa (e come no?). E qui, con un triplo salto mortale all'indietro carpiato, il tedesco riacquista l'assolutismo della Chiesa.
E per compenetrarsi nel fatto che la Chiesa non sbaglia ma egli si, vale la pena leggere cosa aveva scritto qualche anno prima contro i teologi della Liberazione in due documenti importanti: Istruzioni su alcuni aspetti della teologia della liberazione (*) (1984) e Libertà cristiana e liberazione (*) (1986). Due documenti in pieno reaganismo, in epoca di attacchi criminali dei contras e di ogni provocazione nel Cile di Pinochet e nell'Argentina appena uscita dalla dittatura, contro ogni aspirazione dei Paesi del Centro-Sud America. Insomma, mentre il nunzio in Argentina Pio Laghi si intratteneva con i generali golpisti e mentre il polacco fraternizzava con Pinochet e famiglia, ci si scagliava violentemente, fino alla riduzione al silenzio, contro la chiesa dei poveri e della speranza.
Naturalmente queste posizioni discendono dalla reazionaria dottrina sociale della Chiesa che, parte dal reazionario Leone XIII (Rerum novarum, 1891: le condizioni bestiali di vita operaia non si possono risolvere senza ricorrere alla religione ed alla Chiesa. La proprietà privata è intoccabile e le differenze di classe sono volute da Dio. L'operaio deve servire fedelmente il padrone e questo deve essere giusto con l'operaio) passa per Paolo VI (Populorum Progressio, 1967 ed Octuagesima Adveniens, 1971) ed ha interessanti elaborazioni del polacco con la supervisione del tedesco (Laborem exercens, 1981; Sollicitudo rei socialis, 1987; Centesimus annus, 1991) e del tedesco in proprio nella sua prima enciclica(Deus caritas est, 2005 purtroppo questo documento occorre comprarlo, così ha voluto Ratzinger, basta con i documenti di fede gratuiti!).
Nelle elaborazioni del tedesco vi sono cose che sono addirittura sconvolgenti sul marxismo che avrebbe addirittura un contenuto di verità:
«Fin dall'Ottocento contro l'attività caritativa della Chiesa è stata sollevata un'obiezione, sviluppata poi con insistenza dal pensiero marxista. I poveri, si dice, non avrebbero bisogno di opere di carità, bensì di giustizia ... In questa argomentazione, bisogna riconoscerlo, c'è del vero, ma anche non poco di errato».
La seconda affermazione ha l'aspetto di un cauto e generico scusarsi:
«E' doveroso ammettere che i rappresentanti della Chiesa hanno percepito solo lentamente che il problema della giusta struttura della società si poneva in modo nuovo».
Ma chi aveva creduto a queste cose dovrà immediatamente ricredersi. Si tratta di un artificio dialettico perché Ratzinger dice subito che queste due affermazioni vanno respinte perché il sogno è finito, il comunismo è fallito insieme a quello di una società giusta. Conseguenza (notare la consequenzialità!) di ciò è che
«la dottrina sociale della Chiesa è diventata un'indicazione fondamentale, che propone orientamenti» da affrontare «nel dialogo con tutti coloro che si preoccupano seriamente dell'uomo e del suo mondo».
La cosa mi ricorda un episodio di gioventù. Il ginnasio che frequentavo era annesso ad un Convitto Nazionale dove mi fermavo, a pagamento, per pranzo. A parte le minestre scialacquate che quotidianamente ci venivano servite in piatti di alluminio che sapevano sempre di sapone da bucato, ci servivano un secondo che era sempre un formaggino della Pontificia Opera Assistenza e dell'insalata con solo aceto. Un giorno spostai il piatto in avanti e poggiai le braccia conserte sul tavolo. Si avvicinò Padre Ministro e mi chiese perché. Risposi che non mi piaceva. Padre Ministro sentenziò: "Ma come, non ti piace il formaggino, non ti piace l'insalata, ... non ti piace niente!". Eccolo là lo formaggino ed insalata o niente. E poiché il comunismo è niente, occorre adattarsi alla dottrina sociale della Chiesa.
Qual è la contraddizione in questo povero discorso ? Il fatto evidente è che il sogno di un mondo più giusto (ed uno si accontenterebbe solo di un uomo migliore!) è stato disatteso per 2000 anni anche dalla Chiesa. Un fallimento clamoroso e, se si guarda la bilancio, si scopre un arricchimento selvaggio delle gerarchie a fronte di nessun cambiamento sociale in qualche modo indotto dalla Chiesa. Anzi! Nonostante la Chiesa qualcosa si è fatto, proprio quando la Chiesa, con la Rivoluzione Francese (frutto dell'odiato Illuminismo), è stata tolta via dalla commistione invereconda con il potere (in Italia ci si era riusciti nel 1870, poi grazie ai politici cattolici e soprattutto a Mussolini, dobbiamo ricominciare da capo). In definitiva se il sogno che presiedeva il comunismo va rigettato sulla base del suo fallimento, a maggior ragione è il cristianesimo che va rifiutato. Non ci si stupisca comunque. Il tedesco è aduso ad usare furbescamente la parola ma non in modo intelligente. Si va sempre ad infilare in contraddizioni inestricabili, va sempre dentro un cul de sac, anche perché, in fondo, nonostante lo sfoggio culturale (appiccicato più che posseduto), se non ci si distacca dall'aristotelismo di San Tommaso e da quella logica, la fine che si fa è sempre quella di Ratzinger, anche perché rifiuta il dono del metodo scientifico, che equipara ad illuminismo e nazismo.
Inoltre il tedesco forza e crede di poter semplificare tutto. Mentre Wojtyla differenziava il comunismo (male necessario) dal male assoluto che era il nazismo, Ratzinger mette insieme tutto, compreso il liberalismo ed il relativismo. In realtà il suo nemico principale è il pensiero laico è la ragione che si fa scienza e che si allontana da dogmi, superstizioni e metafisica. Ecco perché il nemico principale per la Chiesa è oggi la scuola pubblica, la diffusione di informazioni, di cultura. Più si avanza su questa strada e più la Chiesa è in un angolo. Ratzinger vede il mondo ad una sola dimensione: tutto è figlio dell'aver sciolto le righe alla fine del Settecento: senza quel maledetto Illuminismo, nessuna di tutte queste degenerazioni sarebbe mai nata.
Naturalmente la storia è MOLTO più complessa e non è descrivibile con la linearità deterministica che presiede il pensiero unico del tedesco.
Insieme alla necessità di mettere lapidi dove già vi sono, urge maggiormente la distruzione delle basi del pensiero razionale. Il pensiero moderno, secondo Ratzinger, quello che si fonda sulla sola ragione, afferma che Dio è irrilevante ed inutile. Ma chi pensa questo si sbaglia perché, per Ratzinger l'erede unico della ragione sviluppata dal pensiero greco è proprio la Chiesa (su questa sciocchezza Ratzinger ha anche intrattenuto i presenti nella sua lezione di metà settembre 2006 a Ratisbona). E' un escamotage che tenta di bypassare i problemi: poiché le radici d'Europa sono lì e non sono giudaico-cristiane, conviene assumere in sé quella cultura che, risulta quanto meno posticcia perché la Chiesa ha fatto del tutto per cancellarla e con l'Inquisizione di bruciarla. Peggio ancora, Ratzinger tenta di spacciare un'influenza del cristianesimo sul pensiero greco. Se questa cosa gli funzionasse, Ratzinger avrebbe messo il cappello all'Europa.
Per il suo scopo di chi si serve il tedesco ? Ma di SantAgostino, un jolly usato sempre ma del quale ci si vergogna quando qualcuno dice che per il suddetto personaggio Maria generò vergine Gesù poiché lo generò da un orecchio. Noi facciamo finta di nulla e seguiamo le dotte argomentazioni del pastore tedesco. Nella sua conferenza alla Sorbona del 27 novembre 1999, Verità del cristianesimo (*), il nostro, riferendosi a Sant'Agostino, argomentava nel modo seguente:
«Meraviglia il fatto che, senza la minima esitazione, egli individuasse il posto del cristianesimo nel campo della "teologia fisica", nel campo della razionalità filosofica ... In tale prospettiva, il cristianesimo aveva i suoi precursori e la sua preparazione interna nell'ambito della razionalità filosofica e non in quello delle religioni.
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Nel cristianesimo, la razionalità divenne religione e non più sua avversaria. Stando così le cose, il cristianesimo, comprendendo se stesso come vittoria della demitologizzazione, vittoria della conoscenza e con essa della verità, dovette necessariamente considerarsi come universale ed essere portato a tutti i popoli: non come una religione particolare che ne reprimeva delle altre, non come una sorta di imperialismo religioso, ma piuttosto come la verità che rendeva superflua l'apparenza».
E' imbarazzante commentare questo modo di ragionare. Dice il tedesco, per di più meravigliandosene, che Sant'Agostino considerava il cristianesimo come una teologia fisica e quindi come un corpo con una sua razionalità filosofica. Fin qui nulla di male. L'imbarazzo viene dopo quando da questo si conclude che quindi il cristianesimo è ciò che ha detto Sant'Agostino. Ed allora è la razionalità che si converte alla religione non risultandone più avversaria.
Visto che vi sarebbe stato questo cambio radicale, la conversione, sarebbe di interesse sapere quando la razionalità sarebbe stata avversaria della religione, prima di Sant'Agostino. E' un punto importante che il tedesco non tocca poiché, definitosi razionale, della razionalità può farne tranquillamente a meno. Il passo che viene fatto è una capriola: poiché vi è la dicotomia fede-ragione, Ratzinger ammazza la ragione facendola mangiare dalla fede. Si può facilmente capire che il tutto è solo frutto di abilità dialettica che, come il venditore di tappeti, tenta di convincere di una tesi inesistente. E la razionalità viene ritrovata in un Dio che non è solo metafisica, come ad esempio il Dio degli ebrei o dei musulmani, ma un Dio che si è fatto carne. E qui segue il venditore di tappeti con altre capriole: la divinità di Gesù è un atto di fede! Che qualcuno glielo spieghi al tedesco! E, su questo fatto incontrovertibile su cui il futuro Papa imbroglia, l'intero ragionamento è buono solo per i gonzi. Ciò che stupisce di più è il voler parlare di queste cose a persone presumibilmente colte (lo fa in università di prestigio) le quali hanno gli strumenti concettuali per capire l'imbroglio. Quindi si comprendono due cose: da una parte l'ipocrisia di chi lo applaude e gli dice di si; dall'altra l'inutilità dell'impresa poiché tante sofisticazioni dialettiche mentre non servono in alcun modo al gregge di cui è pastore, fanno cadere le braccia a chi vorrebbe aver solo fede e non comprare tappeti. Più in generale viene spontanea la considerazione seguente. Come si può tentare con artifici dialettici, usando lo storicismo come una clava, cercare di convincere il prossimo della verità assoluta della propria posizione metafisica ? Come è possibile pensare di legalizzare il falso ? Fare un ragionamento contorto per spacciare un atto di fede come un atto razionale ? Tanto più che la storicità di Cristo non è dimostrata come lo stesso Ratzinger deve ammettere. In una conferenza del 1996, La fede e la teologia dei nostri giorni (*), che inizia con un riferimento ipocrita alla crisi della teologia della liberazione, che egli stesso ha ammazzato, Ratzinger, che argomenta sul relativismo in teologia per controbattere ad alcune tesi del «presbiteriano americano J. Hick» e di «P. Knitter, ex sacerdote cattolico», afferma:
«Questi ultimi si appellano all'esegesi per giustificare la loro distruzione della cristologia. L'esegesi avrebbe provato che Gesù non si è ritenuto il Figlio di Dio, il Dio incarnato, ma che solo in seguito i suoi seguaci lo avrebbero reso tale. Ambedue - anche se Hick in modo più chiaro rispetto a Knitter — si richiamano inoltre all'evidenza filosofica. Penso che il problema dell'esegesi e quello dei limiti e delle possibilità della nostra ragione, ossia delle premesse filosofiche della fede, costituiscano effettivamente il vero punto dolente dell'odierna teologia, per il quale la fede — e in misura crescente anche la fede dei semplici — entra in crisi».
Più oltre Ratzinger tenta di recuperare il tutto con il seguente ragionamento: è vero che l'esegesi moderna mette in fortissimo dubbio le cose dette dalla Bibbia, ma questi dubbi nascono da un prodotto storico che non è in grado di intaccare minimamente un racconto che 2000 anni fa fu dato per vero. Anche qui capriole su capriole. Si rifiuta una tesi in quanto storica e quindi relativa, solo servendosi della storia. Si mette in dubbio l'esistenza di Cristo per poi affermare che il dubbio non può esserci in quanto 2000 anni fa non c'era. Una chicca.
L'anonimo che ha scritto il pamphlet che sto raccontando, Contro Ratzinger, a questo punto afferma:
"La critica alla modernità di Ratzinger si struttura attraverso argomenti storico-filosofici che, sottoposti a verifica, si dimostrano deboli e interessati. Ma è questa apparente razionalità, questo apparente laicismo del discorso, la chiave per comprendere i motivi per cui esso risulta efficace anche presso molti non credenti. Più che sul terreno filosofico, il pensiero di Ratzinger si sviluppa sul terreno della storia delle idee e del loro influsso. Il fatto che questo tipo di discorso sia oggi scambiato per filosofia non fa che dimostrare quanto la filosofia sia diventata un sapere tra gli altri, una pratica ripiegata su se stessa e dimentica del proprio oggetto.
È a causa di questo oblio dello scopo della filosofia che Ratzinger può presentarsi (e risultare credibile) come filosofo. È a causa della rinuncia non solo a rispondere, ma perfino a domandare, di molta filosofia contemporanea, che Ratzinger può rimproverare alla razionalità moderna la sua incompletezza e presentare il cristianesimo come erede del pensiero greco, come l'unica voce che si ostina a dare risposte comprensibili (e, quindi, in apparenza, a porre domande universali) sul senso del nascere e del morire, su ciò che è giusto o sbagliato, sulla possibilità del bene e sul ruolo del male nel mondo. Si tratta di un risultato eccezionale, considerato il topolino teoretico partorito dal gran rimuginare dell'ex inquisitore. Dopo avere strappato alla modernità le sue origini, assegnandole d'ufficio al cristianesimo, Joseph Ratzinger si infila nella breccia aperta dal pensiero debole, riuscendo, nel silenzio generale, a occupare il bisogno di un pensiero forte che tende sempre a riacutizzarsi in epoche impaurite ... Pur di resuscitare Dio, il filosofo Ratzinger radicalizza, con gesto quasi nichilistico, la teoria del pensiero debole, cavalca l'ammissione razionale della debolezza della ragione proprio per relegarla al ruolo di comprimaria".
E Ratzinger, che si era espresso contro il relativismo in teologia, figuriamoci se può ammetterlo altrove. Inizia così la sua campagna contro di esso che non dà scampo per il modo ossessivo con cui è proposta. La cosa era iniziata nel 1984 a Monaco di Baviera nel congresso L'eredità europea ed il suo futuro cristiano quando aveva sostenuto:
«Il vero pericolo del nostro tempo, il nocciolo della nostra crisi culturale è la destabilizzazione dell'ethos, che deriva dal fatto che non siamo più in grado di afferrare la ragione della moralità e abbiamo ridotto la ragione nell'ambito del calcolabile».
Meglio disfarsene nella fede, come abbiamo visto. Ma Ratzinger non si occupa di discutere tali sciocchezze egli seguì su questo tema negli anni fino ad arrivare alle più recenti formulazioni, come quella espressa al Convegno-Dibattito romano con Ernesto Galli della Loggia su Storia, Politica e Religione (*) nel 2004.
«Il relativismo può apparire una dottrina positiva in quanto invita alla tolleranza, facilita la convivenza con gli altri e il riconoscimento tra culture fino al punto di ridimensionare le proprie convinzioni e riconoscere il valore degli altri relativizzando se stessi. Ma se diventa assoluto, il relativismo contraddice se stesso e, soprattutto, distrugge l'azione dell'uomo. In ultima analisi, appare a mio avviso la conseguenza di una mutilazione della nostra ragione. Soltanto nel campo delle scienze si può ragionare in termini assoluti, laddove si può verificare ciò che è falso e ciò che non lo è, ciò che funziona e ciò che non funziona. Questo campo appare come l'unico per l' espressione della vera razionalità, mentre tutto il resto è soggettivo».
Non si può quindi assumere il relativismo come valore assoluto perché contraddirebbe se stesso, dice il tedesco, ma l'argomentazione, se ci si sofferma un solo istante, è capziosa ed inesistente. Come capziose ed inesistenti sono le argomentazioni che seguono (distrugge l'azione dell'uomo e rappresenta una mutilazione della nostra ragione), non a caso buttate là con la speranza che nessuno le indaghi. Hanno invece senso se si sa già dove si vuole arrivare, come argomenti inesistenti in sé ma funzionali di per sé: se c'è la fede nell'assoluto del mio Dio, non c'è confronto con niente d'altro, il valore è assoluto senza esitazioni di sorta.
Non resterebbe che affidarsi all'unica ragione assoluta, quella delle scienze. Intanto il Papa mostra una totale ignoranza di tale argomento e spara sciocchezze su un concetto di scienza che ricava dal neopositivismo. Quindi usa questo argomento che ci fa sperare in una sua conversione, solo per comunicarci altrove che la scienza è incompleta (non ha fatto tutto) e come tale non può rispondere alle vere domande dell'uomo. Essa risulta quindi inutile. E qui siamo all'apoteosi di un alto prelato e teologo che rigetta un argomento non in quanto non vero ma in quanto inutile. Figuriamoci quale può essere la reazione di un essere razionale di fronte alla metafisica ...
Mentre, secondo il tedesco, risulta utile la religiosità in quanto desiderio ineliminabile del cuore dell'uomo. Come dire che è anche utile la pedofilia, la pornografia, lo stupro, l'odio, ... Cioè, ciò che dura è vero anche se non sappiamo se è un bene o un male. Ma Ratzinger, da buon pastore tedesco, non lascia mai cadere le sue elaborazioni e su di esse ritorna spesso. Sull'argomento si era già espresso in una intervista del 2001 al quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine, affermando:
«L'oggetto della fede non riguarda solo la ragione bensì l'uomo nella sua interezza, e proprio per questo esso deve essere suggerito anche tramite altre vie, non solo attraverso la pura razionalità».
Noi lo sappiamo quali intende, Ratzinger ma se non dice esplicitamente quali sono le altre vie, il suo discorso vale zero. Anzi, peggio. Il suo discorso è tanto vago che, dentro quelle altre vie, certamente di tipo metafisico, c'è spazio per tutti, comprese le sétte che imperversano nel mondo, con gli USA sempre maestri nelle cose peggiori che il mondo ci può offrire. E, per ironia della sorte, questo discorso è una porta spalancata all'aborrito relativismo.
Dal generale al particolare
E fin qui il tedesco ci ha fatto discutere di questioni generali. Vediamo le sue (ormai note) posizioni su questioni particolari, a cominciare dall'evoluzionismo. In un'intervista al quotidiano cattolico tedesco Die Tagespost (*) del 2003 troviamo uno dei tanti interventi di Ratzinger in proposito:
«...dopo l’Illuminismo ... tutto è cambiato: oggi l’immagine del mondo è esattamente capovolta. Tutto, così sembra, viene spiegato materialmente; l’ipotesi di Dio, come disse già Laplace, non è più necessaria; tutto viene spiegato tramite fattori materiali. L’Evoluzione è diventata, diciamo, la nuova divinità. Non vi è alcuna transizione in cui si debba ricorrere a un essere creatore - al contrario: l’introduzione di questo si rivela ostile a ogni certezza scientifica ed è pertanto qualcosa di insostenibile».
Dopo la solita tirata contro l'Illuminismo, ecco l'evoluzionismo, messo in ballo in modo completamente acritico. Infatti, alla sola lettura di questo breve passo, sembrerebbe che evoluzione esclude creazione. In realtà, pur partendo da una ameba, l'evoluzione non esclude la creazione dell'ameba. Ma il problema non è evidentemente questo, per Ratzinger si tratta di non misconoscere il racconto biblico della creazione. Ma non lo dice. Attacca l'evoluzione non per demeriti intrinseci alla teoria ma per il suo oggettivo smontare la creazione che gli interessa. E, dato che si trova a parlare di scienza, Ratzinger allarga il discorso:
«...ci è stata strappata di mano la Bibbia come un prodotto, la cui origine può essere spiegata con metodi storici, che in ogni passo riflette situazioni storiche e che non ci dice proprio ciò che noi si credeva di poter trarre da essa, ma che dev’essere stato tutt’altra cosa. In una tale situazione generale, dove la nuova autorità - che viene ritenuta "scienza" - interviene e dice l’ultima parola e dove poi persino la cosiddetta divulgazione scientifica si dichiara da se stessa "scienza", è molto più difficile conservare il concetto di Dio e soprattutto aderire al Dio biblico, al Dio in Gesù Cristo, accettare Lui e vedere nella Chiesa la viva comunità di fede».
E' amareggiato il tedesco perché il metodo storico-critico ha umanizzato la Bibbia e tale metodo è un prodotto delle scienze umane (questa volta) con un qualche inizio dovuto a Marx, almeno per come la vede il nostro che al Seminario di Cernobbio (*) del 2001, dedicò alcuni pensieri a questa vicenda, legando proprio Marx all'evoluzione:
«Il marxismo aveva ... introdotto una rottura radicale: l'attuale mondo è un prodotto dell'evoluzione senza una sua razionalità; il mondo ragionevole l'uomo deve solo farlo emergere dal materiale grezzo irragionevole della realtà».
Ed anche qui una enunciazione dovrebbe essere autoesplicativa. Cosa vuol dire, ad esempio, affermare che l'evoluzione non ha una sua razionalità ? Tale evoluzione è proprio compresa mediante la razionalità e, se possibile, si è anche generata attraverso la razionalità interna dei meccanismi naturali di selezione. Ma è inutile aspettarsi dal tedesco una qualche spiegazione che sia complessiva. Nella conferenza alla Sorbona, alla quale ho accennato, concludeva:
«...una spiegazione del reale che non possa fondare in modo sensato e comprensivo anche un ethos, deve restare necessariamente insufficiente. Ora, è un fatto che la teoria dell'evoluzione, laddove essa si arrischia a estendersi sino alla philosophia universalis (?, ndr), tenta anche di rifondare l'ethos sulla base dell'evoluzione. Ma questo ethos dell'evoluzione, che trova ineluttabilmente la sua nozione chiave nel modello della selezione, e dunque nella lotta per la sopravvivenza nella vittoria del più forte, nell'adattamento riuscito, ha da offrire ben poche consolazioni. Anche laddove si cerchi di imbellirlo in diversi modi, resta sempre un ethos crudele.
I1 tentativo di distillare il razionale a partire da una razionalità in se stessa insensata fallisce qui in maniera evidente. Tutto questo risponde ben poco a ciò di cui noi abbiamo bisogno: un'etica della pace universale, dell'amore concreto del prossimo e del necessario superamento del bene individuale».
Che farci ? E' opera di Dio. E comunque siamo alle solite. Un concetto non viene falsificato perché è brutto, è cattivo, è crudele, è inutile, per categorie soggettive anche dello spirito, ma per il suo essere vero (o verosimile) o no. L'evoluzionismo è insensato in sé e quindi è impossibile ricavarne una qualche razionalità. E questo perché ? Perché è crudele ed insensato. Contenti quelli che si convincono con questo ragionare ... per carità ... si tratta di un altro atto di fede. E' un tentativo che porta alla compassione per chi soffre, si direbbe davvero, per un amore non corrisposto. Non sarebbe meglio lasciar perdere questa ossessione di mettere insieme fede, ragione, scienza, bacchettando a destra e a manca per sostenere ragioni metafisiche che avrebbero il primato su tutto, lascia perdere questo e dedicarsi francescanamente alla fede, al bene del prossimo, alla preghiera ed al digiuno ? Non è in fondo questo che chiede quotidianamente la Madonna delle apparizioni programmate di Medjugorje ? Vi sono schiere di fedeli, da inserire in greggi sempre più grandi per la gioia del pastore tedesco, che non vogliono altro.
Sesso!
L'altro tema ricorrente di Ratzinger è quello relativo al sesso ed in particolare all'omosessualità, che in modo vergognoso, la Chiesa tratta insieme alla pedofilia ed allo stupro, senza distinguere tra chi fa e chi subisce (Lemma 492 del Nuovo Catechismo: «Sono peccati gravemente contrari alla castità, ognuno secondo la natura del proprio oggetto: l'adulterio, la masturbazione, la fornicazione, la pornografia, lo stupro, gli atti omosessuali. Questi peccati sono espressione del vizio della lussuria. Commessi su minori, tali atti sono un attentato ancora più grave contro la loro integrità fisica e morale»). Vi sono ormai vari studi nel mondo sui comportamenti sessuali del clero (vedi, ad esempio, due testi in spagnolo che, naturalmente, non sono mai stati tradotti in Italia: Pepe Rodriguez, Pederastia en la Iglesia católica, Ediciones B, Barcelona 2002; Pepe Rodriguez, La vida sexual del clero, Ediciones B, Barcelona 1995. Vi sono poi centinaia di studi tedeschi ed in lingua inglese che sono riportati nelle bibliografie dei testi che ho citato). L'omosessualità, nella Chiesa, è molto diffusa in percentuali di gran lunga superiori a quelle che si hanno tra i laici. E fin qui, niente da obiettare. Un alto prelato gay vaticano dice addirittura che l'accanito rifiuto di ammettere l'omosessualità da parte della Chiesa ha una spiegazione evidente: non perderne l'esclusiva. Dove, invece, non solo c'è da obiettare ma da indignarsi, perchè entriamo nel crimine odioso, è, sempre nella Chiesa, l'ampia diffusione della pedofilia.
Prima però di entrare a discutere delle posizioni di Ratzinger su queste cose, non è ozioso ricordare che dal gennaio 2005 esiste presso la Corte distrettuale di Harris County (Texas) un procedimento tuttora in corso a carico di Joseph Ratzinger imputato per la copertura garantita dal Vaticano ai membri del clero responsabili di abusi sessuali, soprattutto su minori. Tale copertura sarebbe avvenuta mediante un documento emesso nel 1962 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede (e ribadito valido nel 2001 da Ratzinger e Bertone): una "Istruzione" dal titolo "Crimen Sollicitationis", che sanciva la competenza esclusiva della stessa Congregazione su alcuni gravi delitti, secondo quanto stabilisce il Codice di Diritto Canonico, tra cui «la violazione del Sesto Comandamento (Non commettere atti impuri) da parte di un membro del clero con un minore di 18 anni». Cosa assurda poiché la pedofilia è un reato, non un peccato. Il vice ministro della Giustizia degli Stati Uniti, Peter Keisler, ha bloccato la procedura giudiziaria ricorrendo alla cosiddetta "suggestion of immunity": Benedetto XVI gode di immunità come Capo di Stato, ed avviare il procedimento sarebbe «incompatibile con gli interessi della politica estera degli Stati Uniti», che dal 1984 hanno allacciato rapporti diplomatici con la Santa Sede. La stessa Ambasciata del Vaticano a Washington aveva chiesto all’Amministrazione di intervenire.
L'anonimo dl pamphlet di cui mi occupo dice:
«Certo è bislacco che tante certezze in materia di sessualità provengano da anziani signori dai gusti sovente indefiniti, immancabilmente avvolti in gonne lunghe, tenuti per voto a non conoscere la donna, a non praticare, procreare e amare. L'argomento è elementare, però è difficile esimersi dal notare la discrepanza tra la durezza rivolta all'esterno e la tolleranza mostrata all'interno».
Ed aggiunge l'origine storica dell'avversione della Chiesa verso l'omosessualità:
«La ferma condanna del Vaticano all'amore tra uguali discende, come si sa, da un episodio della Genesi (19, w. 1 -25), ovvero dall'ira divina scatenata sulla città di Sodoma dopo lo stupro perpetrato dagli abitanti sui due angeli del Signore ospitati da Lot. La prima stranezza agli occhi del profano si deve a una vaga reminiscenza di feroci dispute intorno al sesso degli angeli. Se quello stupro fu di natura omosessuale, è evidente che la Chiesa ha risolto il dilemma: gli alati e boccoluti messaggeri del Signore devono essere ritenuti, certissimamente, creature di sesso maschile. In realtà, la maggior parte dei biblisti moderni [attenzione, anonimo autore, che qui entriamo nell'indagine storico-critica, aborrita da Ratzinger, ndr] concorda nel ritenere che l'ira del Signore su Sodoma non fu determinata tanto dal carattere «contro natura» dell'atto (che Lot cercò di impedire offrendo alla folla infoiata le figlie vergini), ma dallo scandalo rappresentato dalla violazione del comandamento di dare ospitalità allo straniero».
Vi è poi un altro brano nel Levitico (Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso abominio) ma è inutile mettersi qui a disquisire di questo, quasi che una Bibbia avesse una qualche autorità sulle conseguenze civili che la posizione della Chiesa ha, soprattutto nell'Italia insopportabilmente clericale. Qui deve valere ciò che dico da molti anni: la Chiesa detti le leggi e le pene che vuole per i suoi fedeli, li scomunichi, li faccia strisciare per terra, li faccia digiunare e pregare, li metta alla pubblica gogna (le pene che piacerebbero davvero non ci sono più grazie a quell'Illuminismo che non va a genio al tedesco). Faccia tutto ciò che crede con il suo gregge ma la finisca di interferire nella vita civile di un altro Paese. Detto questo entriamo in qualche dettaglio dottrinale, iniziando con la pedofilia.
Le vicende che siamo venuti a conoscere negli ultimi anni, soprattutto nelle diocesi degli Stati Uniti, con cardinali rimossi da lì (per il pericolo che correvano di arresti e condanne pesantissime) e portati qui (Santa Maria Maggiore a Roma), con il pratico fallimento di tali diocesi per la grande mole di rimborsi per danni che hanno dovuto pagare e devono ancora pagare (con gli arricchimenti del nipote di un potente cardinale romano che compra gli immobili di tali diocesi a prezzi stracciati per ristrutturarli in mini appartamenti ....) con le strenue difese dei capi dei Legionari di Cristo, con l'iniziare ad emergere di un ampio fenomeno in Austria, in Italia, ... tutto questo non può che essere vissuto come un disastro dalla Chiesa di Roma e francamente lo è. Si è tentato di proteggere omertosamente, di nascondere omertosamente, di pagare e zitti ... Nessuna traccia di una di quelle pubbliche riflessioni che piacciono tanto. Mai si è parlato pubblicamente della cosa tentando di capire e di sistemare da qualche parte l'esteso fenomeno. E Ratzinger, così pignolo in ogni fatto dottrinale, non dice nulla. Se dobbiamo seguire quanto ha sostenuto per difendersi dai processi USA, dobbiamo pensare che si tratta di un peccato contro il sesto comandamento, da risolvere con una bella e piena confessione e non di un reato.
Frugando bene si trova una lettera di Ratzinger (con Bertone) del 18 maggio 2001 (Epistula ad totius Catholicae Ecclesiae Episcopos aliosque Ordinarios et Hierarcas interesse habentes: de delictis gravioribus eidem Congregationi pro Doctrina Fidei reservatis, *) che fornisce regole di comportamento alle gerarchie ecclesiastiche di fronte a crimini sessuali commessi da propri membri. E' uno dei pochissimi documenti solo in latino ed è riservato. Di cosa si tratta ? Semplice, è un'attualizzazione dell'istruzione Crimen sollicitationis (1962) del Cardinale Ottaviani nella quale si ordinava a tutte le persone coinvolte in questo tipo di processo il silenzio perpetuo, pena la sospensione a divinis (una tale istruzione potrebbe essere chiamata Omertas sollicitationis).
Dicevo del silenzio di tutte le gerarchie sulla diffusa pedofilia nei collegi e negli oratori ecclesiastici (cari genitori che affidate i vostri figli alle amorevoli cure del parroco ... poi non vi lamentate!). Ebbene tale silenzio non c'è sull'omosessualità, una delle ossessioni della Santa (sic!) Sede. Con Ratzinger, il cui riporto mostra qualche problema, la cosa si aggrava rispetto a Wojtyla. Mentre per quest'ultimo l'attività omosessuale da distinguersi dalla tendenza omosessuale, è moralmente malvagia, Ratzinger ci delizia con l'Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al seminario e agli ordini sacri (*) (approvata da Ratzinger, Papa, il 31 agosto 2005).
Se mi chiedessero di capire chi, tra tanti, è omosessuale, a parte casi che vogliono manifestarsi, non saprei proprio che fare. Evidentemente Ratzinger ha una conoscenza approfondita del problema e riesce dove io sono una completa frana. Dico questo perché mi pare evidente, dal solo titolo, che per intervenire con chi ha tendenze omosessuali, occorre sapere che tal persona le ha. Ed a meno che non vi siano festini di ammissione, ritorno al mio problema del non sapere proprio cosa fare. Ma le cose vanno oltre, fino a trascendere. Infatti in tale Istruzione si discetta sulla distinzione tra omosessuale profondo ed omosessuale transitorio. Dovevo superare i 60 anni per sapere di tali differenze. Ma credo che queste distinzioni siano nel DNA della Chiesa: occorre creare sempre una possibilità di salvezza, se non altro per evitare di non avere più vocazioni.
Insomma l'omosessualità è un disordine oggettivo, è contro natura. E sulla questione Ratzinger ha una storia molto lunga alla quale rimando, avvertendo solo di leggere con attenzione la Notificazione riguardante Suor Jeannine Gramick e Padre Robert Nugent
del 1999. Il problema può essere ricondotto al fatto che gli omosessuali non possono generare dei figli. Ciò comporta che sono solo visti come peccatori che indugiano con la carne senza quel sano fine che la Chiesa stessa si darebbe se avesse dei sacerdoti che possano avere figli (ed il che non è). Il sesso resta la principale ossessione della Chiesa ed è l'ossessione di chi vi ha rinunciato (o dovrebbe) violentando la natura della quale pure Dio ci ha dotato.
La situazione patologica di questa istituzione e del suo Papa risiede proprio nel fatto che il capo di una delle Chiese più importanti ed influenti del mondo apra il suo pontificato con una enciclica che inizia con il sesso! Tutti sappiamo quanto ci tenga la Chiesa alla contraccezione. Credo che pochi si siano soffermati sul significato di ciò. Il voler considerare l'uomo solo come essere capace di riprodursi è veramente riduttiva dello stesso essere umano. E questo crea scandalo soprattutto nell'osservare che chi dice questo è persona che ha come condizione centrale della sua esistenza il non avere figli.
In questa enciclica, Deus caritas est, il tedesco dà finalmente sfogo alle sue più segrete pulsioni che pubblicamente sono omofobe. Egli dice:
«Tra l'amore ed il Divino esiste una qualche relazione: l'amore promette infinità, eternità - una realtà più grande e totalmente altra rispetto alla quotidianità del nostro esistere.
Ma per arrivare a ciò
sono necessarie purificazioni e maturazioni, che passano anche attraverso la strada della rinuncia. Infatti non ci si può lasciare sopraffare dall'istinto. L'eros ebbro ed indisciplinato non è ascesa, "estasi" verso il Divino, ma caduta, degradazione dell'uomo. Così diventa evidente che l'eros ha bisogno di disciplina, di purificazione per donare all'uomo non il piacere di un istante, ma un certo pregustamento del vertice dell'esistenza, di quella beatitudine a cui tutto il nostro essere tende».
Ma che sa Ratzinger di tutto questo ? Sembra ne parli con competenza ottocentesca. E' tanto competente che dimentica la sua cura maniacale del corpo (gonnelline corte, cappelli sgargianti,scarpette graziose, riporto birichino, ...) quando dice:
«Il modo di esaltare il corpo, a cui noi oggi assistiamo, è ingannevole. L'eros degradato a puro "sesso" diventa merce, una semplice "cosa" che si può comprare e vendere, anzi, l'uomo stesso diventa merce».
Forse dice queste cose perché egli stesso ha rinunciato all'eros ... La rinuncia a esaudire i propri desideri, spiega il pontefice, è l'unica via per ridiventare interi, per sposare in sé corpo e anima:
«L'uomo diventa veramente se stesso quando corpo e anima si ritrovano in intima unità,- la sfida dell'eros può dirsi veramente superata, quando questa unificazione è riuscita».
Una sorta di dicotomia tra anima e corpo, con il primato dell'anima che è la direttrice di tutto. Ed il sesso, espressione del corpo, deve essere disciplinato dall'anima e l'atto sessuale è il luogo in cui si gioca la lotta tra religiosità e materialismo. Se vince la prima, l'Occidente è salvo. Ed il problema della Chiesa nasce proprio dal fatto che la materia non si lascia asservire dall'anima. E chi non riesce a vincere tali tentativi continui di sopraffazione va incontro alla completa perdizione. Già su questa strada dell'orrido e dell'orrendo screditare il corpo (che, anche nell'accezione cristiana è creazione di Dio, del quale, dovremmo essere fatti ad immagine e somiglianza) si era mosso in modo chiarissimo l'abate Odon de Cluny (879 circa - 942) che descrisse così, a chi aveva strane voglie il corpo femminile:
«La bellezza si limita alla pelle. Se gli uomini vedessero quel che è sotto la pelle, così come si dice che possa vedere la lince di Beozia, rabbrividirebbero alla vista delle donne. Tutta quella grazia consiste di mucosità e di sangue, di umori e di bile. Se si pensa a ciò che si nasconde nelle narici, nella gola e nel ventre, non si troverà che lordume. E se ci ripugna toccare il muco o lo stereo con la punta del dito, come potremmo desiderare di abbracciare il sacco stesso che contiene lo sterco?».
Serve dire altro per mostrare i livelli di follia di questi esaltati ?
Ed ora la vita!
Tutto parte da una frase priva di significato sempre portata a sostegno degli argomenti di cui parlerò. Nessuno si sofferma sulla premessa che dovrebbe giustificare il seguito. Ma se la premessa non ha senso, l'intero ragionamento cade. E qui è inutile appellarsi a correttezze empiriche o sperimentali, queste cose sono fuori dalle logiche dialettiche, e solo tali, dei nostri gerarchi della Chiesa. Lor signori chiacchierano e si avvitano in dotte disquisizioni ma, come accennato, le cose che dicono funzionano per il gregge non per chi, dopo Aristotele, ha studiato logiche più articolate. La premessa che viene sempre fatta e non solo quando si parla di vita, è che la cosa sarebbe un disegno naturale, disegno che, per essere naturale è anche divino. Ma cosa vuol dire disegno naturale ? Nulla. Proprio nulla. Quanti disegni naturali vi sono che sono stati modificati ? Il disegno naturale prevede le fragole a giugno e noi le mangiamo a dicembre. Il disegno naturale prevede che l'acqua vada verso il basso e noi la innalziamo fin dove crediamo opportuno. Il disegno naturale prevede che si perdano i capelli con l'avanzare degli anni, e Berlusconi va contro natura. Ma poi di cosa si vuol parlare ? Dell'appendicite che ammazzava per disegno naturale ? o delle infezioni ? o della rabbia ? o della febbre da parto ? Finisco perché credo di essermi spiegato: l'uomo modifica la natura ed è proprio questa la sua caratteristica meravigliosa e tragica. Diventa quindi un non problema il discutere se il violare il disegno naturale sia possibile o meno. E' certamente possibile in moltissimi casi, le impossibilità riguardando cose più grandi di noi (far piovere, fermare i terremoti, evitare le alluvioni, ...). Ma la domanda che ora ci riguarda è specifica: è lecito per l'uomo, attraverso le possibilità offerte dalla scienza, stravolgere il disegno naturale di poter eventualmente generare figli ?
Il futuro Papa usa la scienza in modo stravagante ed a volte la reclama per affermare cose che poi rigetta per fede, come nel caso in discussione. Nel 1987, nella sua istruzione Donum vitae (*), scriveva:
«la scienza genetica moderna fornisce preziose conferme. Essa ha mostrato come dal primo istante si trova fissato il programma di ciò che sarà questo vivente: un uomo, quest'uomo-individuo con le sue note caratteristiche già ben determinate».
Si può osservare che il tedesco si affida qui alla scienza per affermare alcune cose. Ma la scienza è inscindibile da quel razionalismo che il Papa ha sempre condannato, come abbiamo visto, in quanto non in grado di rispondere a nessuna delle questioni della nostra vita. Ma c'è sottilmente di più. Come si può richiamare la scienza per sostenere una determinata posizione morale ? Io credo che dell'accordo tra queste cose non interessi molto e che vi sia la volontà di usare tutto, di mettere tutto in uno stesso calderone per fare un intruglio buono per il gregge (e poi citare la scienza fa sempre un certo effetto).
Questa premessa serve comunque al futuro pastore tedesco per assumere il ruolo di strenuo difensore della vita. E dove si difende la vita ? Dove vi sono orde di barbari che vogliono fare stragi ! Si, perché questa è l'immagine che viene fornita dell'avversario, quella di un assassino che perciò stesso diventa persona con la quale non è possibile alcun confronto. Inoltre, questo argomentare è utile solo alla propaganda, alla vendita di tappeti.
L'anonimo autore del pamphlet osserva a questo punto:
«Nessuno sostiene che la nascita, o l'impedimento di una nascita, siano atti moralmente indifferenti. Nessuno odia o disprezza "la vita". Si tratta di scegliere se la realtà, quando si presenta problematica, quando contiene in sé bene e male, vada negata, e magari assolta con un paio di Ave Maria, oppure affrontata e gestita, regolamentata e compresa, in attesa che dalla pratica sgorghi un orientamento condiviso, vale a dire una cultura dei limiti e dei divieti. Il fatto che l'aborto (che ha fatto da scenario implicito dell'intero dibattito referendario) esista da sempre e che disgraziatamente esisterà per sempre non sembra minimamente toccare i vertici vaticani. Come se la negazione ideale fosse di per sé sufficiente a eliminare il reale, come se la propria buona coscienza fosse più importante di una buona realtà».
Ma la Chiesa si assume enormi responsabilità perché a lato della pretesa difesa della vita si oppone drasticamente anche alla contraccezione, ed addirittura alla pillola del giorno dopo. Con una seria ammissione di tale contraccezione vi sarebbe una seria limitazione delle orrende pratiche abortive, ma che volete, i principi sono principi ... e tra di essi vi sono le violente invettive di Ratzinger contro proprio la contraccezione a partire dal suo intervento al Concistoro straordinario del 1991 (*). In tale scritto vi è l'intero programma di Ratzinger. Si parte dal fatto che l'origine di tutti i mali è l'Illuminismo per arrivare a discutere di contraccezione descritta sempre come aborto. In passi successivi il tedesco dice:
«Ci si scaglia contro la vita nascente mediante l'aborto (risulta che nel mondo se ne verificherebbero da 3 a 4 milioni l'anno) e proprio per facilitare l'aborto si sono investiti miliardi nella messa a punto di pillole abortive (RU 486). Altri miliardi sono stati stanziati per rendere la contraccezione meno nociva per la donna, con la contropartita che ora gran parte dei contraccettivi chimici in commercio agiscono di fatto prevalentemente come anti-nidatori, cioè come abortivi, senza che le donne lo sappiano. Chi potrà calcolare il numero delle vittime di quest'ecatombe nascosta?»
«Gli embrioni soprannumerari, inevitabilmente prodotti attraverso la Fivet, sono congelati e soppressi, a meno che non raggiungano quei loro piccoli fratelli abortiti che vengono trasformati in cavie per la sperimentazione o in fonte di materia prima per curare le malattie, quali il morbo di Parkinson e il diabete. La Fivet stessa diventa spesso occasione di aborti perfino "selettivi" (es. scelta del sesso), qualora si verifichino indesiderate gravidanze multiple.
La diagnosi prenatale viene usata quasi di routine sulle donne cosiddette "a rischio", per eliminare sistematicamente tutti i feti che potrebbero essere più o meno malformati o malati. Tutti quelli che hanno la buona sorte di essere portati sino al termine della gravidanza dalla loro madre, ma hanno la sventura di nascere handicappati, rischiano fortemente di essere soppressi subito dopo la nascita o di vedersi rifiutare l'alimentazione e le cure più elementari.
Più tardi, quelli che la malattia o un incidente faranno cadere in un coma "irreversibile", saranno spesso messi a morte per rispondere alle domande di trapianti d'organo o serviranno, anch'essi, alla sperimentazione medica ("cadaveri caldi").
Infine, quando la morte si preannuncerà, molti saranno tentati di affrettarne la venuta mediante l'eutanasia».
«La sessualità stessa viene in tal modo de-personalizzata e strumentalizzata. Essa appare come una semplice occasione di piacere e non più come la realizzazione del dono di sé, né come l'espressione di un amore che, nella misura in cui è vero, accoglie integralmente l'altro e si apre alla ricchezza di vita di cui è portatore, al suo bambino che sarà anche il proprio bambino. I due significati, unitivo e procreativo, dell'atto sessuale vengono separati. L'unione è impoverita, mentre la fecondità è rinviata alla sfera del calcolo razionale: "il bambino, certo. Ma quando lo voglio e come lo voglio"».
«la contraccezione e l'aborto affondano entrambi le loro radici in quella visione de-personalizzata e utilitaristica della sessualità e della procreazione».
«la contraccezione conduce necessariamente all'aborto come "soluzione di riserva"».
«La pillola ha provocato una rivoluzione culturale ... Se la sessualità può essere sganciata, in maniera sicura, dalla procreazione, diventando sempre più pura tecnica, allora il sesso ha a che fare con la morale come ce l'ha bere una tazza di caffè».
«l'uomo che non ha più accesso all'infinito, a Dio, è un essere contraddittorio, un prodotto fallito. Qui appare la logica del peccato: l'uomo volendo essere come Dio, cerca l'indipendenza assoluta. ... La strada verso l'aborto, verso l'eutanasia e lo sfruttamento dei più deboli è aperta».
Non serve spendere troppe parole per vedere gli oscuri contorcimenti dialettici, lo scavare nell'orrido del tedesco che sembra figlio del tardo romanticismo. Deve richiamare ogni argomento per portare avanti una tesi che può essere propria e del gregge ma certamente non imposta, come lo è in gran parte ai cittadini. Ed un ateo come resta colpito dal fatto di avere sempre un trattamento di favore (qualunque sia la religione) risultando un prodotto fallito (lascio naturalmente perdere ...).
Che i problemi connessi con al vita e la morte siano aperti e discutibili, non vi è alcun dubbio. Ma la questione non è risolvibile richiamando una qualche fede. O, almeno, non lo è per chi intende che esista una separazione tra coscienza individuale e collettiva, tra la scelta consapevole di un individuo e le norme sociali che regolano la convivenza. In tal senso, non ha alcun significato imporre la fede con la legge e difendersi dal peccato con le pene ed i divieti di legge. La Chiesa per parte sua continua a testa bassa su questi temi: la contraccezione, come l'omosessualità è condannata perché potrebbe interferire con il disegno di un Dio ipotetico, con il suo disegno o con quello naturale. Chi ne esce male, a parte il cittadino, è proprio quel Dio rappresentato come uno sciocchino che si fa prendere in giro dagli abili trucchi contraccettivi delle sue creature. Il concetto astratto di vita detta legge all'esistenza reale dell'uomo. Ma con le ottuse gerarchie non vi è scampo, con esse si arriva all'assurdo di sostenere che la vita è vita anche quando non lo è, cioè anche prima del concepimento, perché è già dentro il disegno divino e ... fine della discussione. Come fine del libero arbitrio ma pervicace volontà di affermare il proprio assolutismo e mondo ad una sola dimensione.
Allo stesso modo si potrebbe trattare la famiglia, la sua tanto conclamata sacralità ed al conseguente rifiuto di regolamentazioni di legge di unioni di fatto. E per rendersi conto del mondo di ipocrisia rappresentato dalla Chiesa, basta citare alcuni dati elementari dell'ISTAT: i divorzi, fino al 2005 compreso, riguardano l'82,3 % dei matrimoni religiosi ed il 17,7 % di quelli civili; per le separazioni siamo rispettivamente all'83,3 ed al 16,9. Chiaro ? Insomma abbiamo a che fare con un pastore che possiede un gregge di ipocriti ? il che prevede scollamenti che annunciano disimpegno ? anche sul referendum si è assistito alla furbata dell'astensione per poi spacciarla per vittoria. Non è così, come la stesa Chiesa sa. Le sue posizioni sono improntate alla Paura.
L'anonimo autore del brillante pamphlet può concludere:
«Il pensiero di Joseph Ratzinger si dibatte nelle contraddizioni aperte dalla filosofia moderna pretendendo di confutarle. Rigetta la funzionalità su cui si basa il metodo scientifico, ma per riaffermare la propria fede adotta argomenti utilitaristici improntati alla ricerca del male minore. Respinge come inumane le scoperte della scienza, ma poi le utilizza per sostenere la propria visione. Bolla di relativismo ogni difficile tentativo di fondare, sulla base della sola ragione, i valori di una convivenza più giusta tra gli uomini, ma poi sostiene che ogni valore è tale soltanto in relazione (se è relativo) all'esistenza di Dio. Rifiuta, infine, il marxismo perché il concetto su cui si fonda la sua promessa sacrificherebbe la concreta vita dei singoli all'affermazione di un'utopia feroce. Ma poi è ciò che fa quando, pur di negare la liceità dei contraccettivi, accetta di fatto interruzioni di gravidanza ed epidemie, limitandosi a condannarle con argomenti storicamente risibili come effetti della modernità».
Ratzinger non sfugge al giudizio che Mao dava dei reazionari: solleva grosse pietre per poi lasciarsele cadere sui piedi (e l'ultima è quella della lezione di Ratisbona con la sortita gravissima sull'Islam). Nel ringraziamento (*) per la laurea honoris causa in diritto conferitagli nel 1999 dalla Libera Università Maria SS. Assunta di Roma, l'allora prefetto disse:
«Vi è ancora una seconda minaccia del diritto, che oggi sembra essere meno attuale di quanto non lo era ancora dieci anni fa, ma può in ogni momento riemergere e trovare agganci con la teoria del consenso. Penso alla dissoluzione del diritto per mezzo della spinta dell'utopia, cosi come aveva assunto forma sistematica e pratica nel pensiero marxista. Il punto di partenza era qui la convinzione cha il mondo presente è cattivo - un mondo di oppressione e di mancanza di libertà, esso dovrebbe essere sostituito da un mondo migliore da pianificare e da realizzare adesso. La vera ed ultimamente unica fonte del diritto diviene ora l'immagine della nuova società».
E cosa è la posizione dell'attuale Papa se non la rincorsa a questa utopia con minacce rese operative al diritto ? Si nasconde la complessità del reale per puro nominalismo. Non ci interessa di intervenire su come va il mondo ma affermarne uno metafisico.
E questo manifesto, già ampiamente presente in tutti i documenti elaborati dal pastore tedesco, alcuni dei quali sono pubblicati in appendice, è stato ben esplicitato nella conferenza che tenne a Subiaco (L'Europa nelle crisi delle culture) il giorno prima di essere eletto Papa (1 aprile 2005). In esso risulta chiaro che per Ratzinger vale quanto egli stesso imputa agli altri, il fatto cioè che l'utopia politica è al di sopra della dignità del singolo uomo e, in nome dei grandi obiettivi, lo stesso uomo risulta disprezzato.
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A ciò occorre aggiungere una cosa passata abbastanza sotto silenzio. Nell'orrido Discorso di Ratisbona, prima papera mondiale del Papa che con citazioni fasulle ha fatto indignare il mondo musulmano, egli aveva sostenuto in un ritorno al Medio Evo che la Chiesa aveva ripreso il meglio del pensiero greco. Vediamo cosa scrissi allora:
E' il caso di commentare questa "lezione" del Papa a Ratisbona. ...
Avevo scritto la riga precedente prima di leggere il testo che segue con la dovuta attenzione. Alla fine sono rimasto allibito e sconcertato. Dal mio punto di vista addirittura felice di vedere un Papa che tenta di farsi filosofo, sbagliando tutto e nelle premesse e nelle conclusioni. E non può essere filosofo chi ha SOLO preconcetti, non può essere né filosofo né tanto meno scienziato. Il preconcetto, meglio pregiudizio, guida ogni ricerca sia in campo filosofico che scientifico. Ma la differenza con chi ha una religione è che quella religione è un limite invalicabile che invece non può esserlo né per il filosofo né tanto meno per lo scienziato. Per intenderci, uno scienziato può anche lasciar cadere un martello avendo in mente il pregiudizio che va più veloce di un chiodo in caduta, MA quando sottopone a trattamento teorico e ad indagine sperimentale il fenomeno, deve addrizzare il pregiudizio e riconoscere che chiodi e martelli cadono con la stessa velocità (meglio: accelerazione). Questa pratica non è della persona di fede. Per costui non vi è nulla che possa negare la divinità, nessuna evidenza scientifica è in grado di scalfire una convinzione religiosa.
Invece questo Papa da poco ci prova con tutti i mezzi e crede di essere più convincente entrando in disquisizioni filosofiche dal carattere greco, ma sofista. Sembra un povero orfano che soffre del problema del padre e non abbia il coraggio di ammazzare il suo credo per potersi finalmente liberare verso liberi pensieri. Fa pena e fors'anche tenerezza (se non fosse per il fatto che altrove è un avido cercatore dei denari altrui con i quali vive da gran nababbo). E' ancora triste questo Papa, e non per me, perché è la negazione del "pastore di anime". Non sa parlare al prossimo, a quello che gli è devoto. E per questo dico "non per me". Lo vedo ultimo epigono di una Chiesa che si chiude su di sé in modo inglorioso e che non sa dire assolutamente nulla alle generazioni del nuovo millennio: o crede che verginità, contraccezione, castità, famiglia, vita siano le cose che muovono la fede ? Se si illude di stupidi successi secolari e mondani (referendum sulla procreazione assistita) è doppiamente sciocco perché deve ammettere la truffa e contemporaneamente il fatto che sul non fare può aggregare, restando ancora da dimostrare che tale aggregazione sia possibile relativamente al fare. Comunque affari suoi e di una Chiesa fatta da personaggi sempre più impresentabili, personaggi in gonnella votati alla castità che hanno l'hobby della pedofilia e dello spiegare agli altri cosa è il vero amore. Stravagante!
Avevo iniziato con il colorare in verde le cose notevoli per poterle poi commentare. Lascio le cose così cambiando il fine delle cose così messe in evidenza.
Inizia Ratzinger (se ai cattolici piace questo Papa, sono affari loro) riportando la frase di un dotto sovrano bizantino: "non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio" traducendo in altri termini "nessuna costrizione nelle cose di fede". Intanto è d'interesse che Ratzinger ci racconti di cose che fanno a pugni con i secoli di conversioni forzate che la Chiesa ha praticato e che oggi olimpicamente dimentica. Anche nell'elenco dei secoli che sviluppa mancano stranamente il XVII ed il XVIII, quelli della nascita della ragione scientifica contro l'aristotelismo che, nella Chiesa, era il credo in San Tommaso, e della nascita dell'Illuminismo (quello "falso" visto che maldestramente Ratzinger quello vero se lo prende per sé).
La bella frase viene assunta come fondante della Chiesa ed in tal modo egli vorrebbe dirci che sta qui la prova che la Chiesa ha preso in sé il meglio della cultura Greca. Certo, ammette, qualche problemino vi è stato ... Ma la sostanza è in quella ragione che è della Chiesa. Naturalmente il Papa non è tanto ignorante. Solo che, in questa epoca in cui va di moda, si è messo a vendere tappeti. Mente, spero, sapendolo. Intanto descrive la scienza come qualcosa di aridamente sistemato tra matematica ed empiria (non è empiria, Ratzinger! Non lo è, studi un poco di più e scoprirà un certo Galileo ...). Altrove è invece l'ethos che solo la fede può dare ... Ecco un'altra delle innumerevoli sciocchezze papali: ma come si fa, possedendo la verità, a dialogare con gli altri che non sono correligionari ? E' una pura operazione di belletto, di trucco, di marketing. Poi faccio sempre come mi pare, o no?
Secondo il nostro vi sarebbe comunque stato un incontro tra Dio ed il pensiero greco (meno male che Dio si è ricordato che da qualche parte aveva reso possibile un pensiero) e tale incontro sarebbe avvenuto attraverso il Nuovo Testamento scritto, pensate un poco, in greco. Come dire che Renzetti ha un incontro con la civiltà americana perché usa microsoft e google.
Poi però, in epoca ellenistica vi era l'idolatria e la cultura biblica ha dovuto allontanarsi dal pensiero greco. La cultura biblica infatti trovato un Costantino che se la è allevata e coccolata di modo che dal pensiero greco è passata a quello romano. Ma nella letteratura sapienziale, quella del tentativo di rendere scientificamente accettabile il Cristo, allora si ritorna (?) alla vicinanza con il pensiero greco (qui davvero non si sa bene come reagire; viene il dubbio che il Papa non sappia cosa sia il pensiero greco o ...).
Solo nel tardo medioevo, secondo Ratzinger nasce una rottura che però, udite udite, contrasta con Agostino e Tommaso. Come dire se fosse stato per questi due non si sarebbe rotto nulla. Ma senza (soprattutto) Tommaso, cosa resta del pensiero cristiano ? Io ritengo che nulla ma la Chiesa creede che quello sia il tutto. Se solo si torna a leggere l'enciclica Fides et Ratio di Giovanni Paolo II ci si accorge che al di là di Tommaso non è ammesso nulla e nessuno. In tal senso è vero che la Chiesa è ancorata al pensiero greco, ma a quello imbalsamato di Aristotele, opportunamente modificato per renderlo non ateo. Un pensiero che per poi schiodarlo si è passati attraverso braceri, roghi, torture e condanne a morte. Questo sarebbe il legame tra il meglio del pensiero greco e quello cristiano ? Qui viene fuori la grande abilità del venditore di tappeti. Riesce a spacciare merce tarlata ad ascoltatori che sempre più sono (Platone) bipedi, implumi, acefali. Basterebbe chiedere dov'è Pericle per sentirsi dire: nel Pontifex Maximus, nell'indiscutibile potere di una monarchia assoluta.
Ma i vaneggiamenti continuano quando si sostiene che altra prova del legame con il pensiero greco la si ha dal fatto che "il culto cristiano è “spirituale" – un culto che concorda con il Verbo eterno e con la nostra ragione". Ecco, appunto. Qui vi è il discrimine che nessun discorso filosofico (smercio di tappeti tarlati) può occultare. Quando si dice nostra ragione si sta parlando della loro ragione. Il che va benissimo, purché non si faccia confusione e non vi siano operazioni di imposizione come quelle che viviamo quotidianamente. Si tratterebbe di un avvicinamento tra fede biblica e pensiero greco, un avvicinarsi che nasce dall'interrogarsi. Anche qui l'interrogarsi è aperto o è in un vicolo cieco scelto a priori ? Nel primo caso è d'interesse, nel secondo è legittimo ma estraneo sia al pensiero greco che a quello contemporaneo (al libero pensiero intendo).
Ma la lingua batte dove il dente proprio non c'è. E dice Ratzinger che "il metodo [scientifico] come tale esclude il problema Dio, facendolo apparire come problema ascientifico o pre-scientifico". Sbagliato, Papa. Nessuno si occupa, in ambito scientifico di fare apparire una cosa in un modo o in un altro. Soprattutto nessuno si occupa della metafisica che è un accessorio che a qualcuno serve ed a qualcuno no. La ricchezza dell'ethos non ha poi né sistemi né unità di misura. Il nominalismo, l'autodefinizione sono sciocchezze delle quali la scienza in quanto tale fa volentieri a meno (ricorda Galileo? Non mi par tempo ora di dare nomi ...). Non così la fede che vive sono di riti che sono castelli di parole buone per coloro che le accettano in silenzio. E questa cosa del silenzio non si addice alla scienza. Ad essa non si addicono dogmi, infallibilità, miracoli e verità rivelate. Ed è stato il Cristianesimo che si è messo in cattedra affermando che "IO SONO LA VERITA'". La scienza, la ragione, è l'esatto contrario di questa colossale sciocchezza che, ripeto, la Chiesa può continuare a sostenere (l'Illuminismo ha fatto anche questo, Santità!) senza voler imporla a nessuno (cosa che regolarmente fa da 1700 anni). E neppure ci si deve stupire che dal caos nasca un ordine descrivibile matematicamente. Se studiasse un poco, il Papa apprenderebbe che vi sono quelle che sono chiamate fluttuazioni. Per evitargli mal di capo glielo esemplifico in breve: ha presente il caos che è alla base del concepimento ? un miscuglio di cellule che va ad ordinarsi e sistemarsi in modo da originare una vita perfettamente riconoscibile come tale ? Beh, impari da questo. Semmai il problema nasce poi, dal disordine che occorre fare per mantenere in vita ed in peso quella creatura.
Ed il Papa è in grado anche di mostrare grande fantasia nell'intervenire ancora (velatamente qui) contro l'evoluzionismo che non avrebbe la stessa valenza scientifica (sic!) del disegno intelligente. Per l'ennesima volta: tutte queste cose sono legittime, ma perché voler spacciare ciò come il dialogo tra scienza e fede ? Le due cose hanno valenze diverse. Mentre la scienza tenta faticosamente, piano piano di scoprire i meccanismi della natura senza spiegazioni metafisiche, altrimenti si negherebbe da sé, la fede riguarda l'individualità di ciascuno di noi e non è razionalizzabile o descrivibile o spiegabile. Voler cercare sovrapposizioni tra le due sfere è un fatto autoritario che prevederebbe sempre e comunque il primato della fede sulla scienza (chi sostiene il contrario lo dica chiaramente). Per tranquillizzare Ratzinger, che spesso viene fuori con simili sciocchezze, qualcuno gli dica che la scienza non sta operando per mettere in un angolo la religione, semplicemente per la scienza questo problema non esiste. Altra cosa è se Ratzinger si sente in un angolo. Forse qualche ragione l'avrà, ma sono affari suoi personali.
Il discorso si ferma alla Riforma, al XVI secolo. Peccato perché sarebbe d'interesse capire cosa fa, dopo, il pensiero greco. Ma per rendere conto dell'instancabilità della vendita di tappeti (tarlati), poiché il Papa parla nella Germania (terra della Riforma), deve giustificare i protestanti lì abbondanti. E come lo fa ? Con il pensiero greco! Poiché la Chiesa ne aveva tanto dentro, i protestanti hanno capito che il Cristianesimo in questo modo sarebbe diventato solo un sistema filosofico e quindi si sono ribellati. Naturalmente Ratzinger mente. Dimentica il problema delle indulgenze e le 95 tesi di Lutero. Per chi volesse vedere l'abisso di corruzione della Chiesa si può consultare la Taxa Camarae di Leone X e per chi volesse ripassare alcune cosette di Lutero può vedere le 95 tesi sulle indulgenze.
Da ultimo vi è una divertente rivendicazione, quello di inserire la teologia tra gli insegnamenti scientifici. Che dire ? Silenzio!
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In questo resoconto mancano alcune cose ed in particolare l'esplodere dello scandalo dei preti pedofili, scandalo che era incubato con lo stesso Ratzinger che lavorò alacremente per occultare gli abusi sessuali nel suo ruolo di inquisitore di Giovanni Paolo II. Ma manca anche una vergognosa provocazione poi ricaduta sul governo Prodi del gennaio 2008. In quella occasione uno strano rettore della Sapienza, tal Guarino, invitò Papa Ratzinger a tenere una lezione in occasione dell'inaugurazione del nuovo Anno Accademico. Sarebbe stata la prima volta che un Papa in veste di capo di Stato straniero inaugurava un Anno Accademico a Roma. Un conto è invitare all'inaugurazione un conto è far inaugurare. La cosa fu notata per primo da Marcello Cini che scrisse una lettera, pubblicata da il manifesto il 15 novembre 2007.
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